Scienza e paper

sulla Cannabis

Collezione di paper e documenti sulla Cannabis

Classifica LANCET della pericolosità delle droghe

medicina-online-dott-emilio-alessio-loiacono-medico-chirurgo-roma-le-droghe-piu-potenti-pericolose-mondo-riabilitazione-nutrizionista-infrarossi-accompagno-commissioni-cavitazione-radiofrequenza-ecogrDanno fisico, dipendenza e danno sociale: in base a questi tre fattori è stata stilata la classifica delle 20 droghe più pericolose al mondo, grazie ad uno studio condotto da David Nutt dell’università di Bristol e pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet”. Il risultato in parte ha confermato la pericolosità di alcune droghe, come l’eroina, ma in altri casi ha accertato l’estrema pericolosità di sostanze reputate erroneamente “leggere”, come l’alcol. A detenere il primato in questa classifica è l’eroina, seguita da cocaina e barbiturici. Ecco la lista completa:

Eroina
Cocaina
Barbiturici
Metadone
Alcol
Ketamina
Benzodiazepine
Anfetamine
Tabacco
Buprenorphine
Cannabis
Solventi
4-MTA
LSD
Methylphenidato
Steroidi
GHB
Ecstasy/MDMA
Nitrati
Khat

Test antidroga da fare a casa
Nel caso in cui abbiate bisogno di ottenere rapidamente il risultato positivo o negativo di un test antidroga specifico, potete usare uno di questi test antidroga da fare a casa, acquistabili online, ritirabili anche nei punti di ritiro, facili da fare e dai risultati attendibili. Tutti i prodotti sono stati accuratamente selezionati dal nostro Staff di esperti:
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Test antidroga per metanfetamine nell’urina:
Test antidroga tramite saliva multiplo per 6 droghe contemporaneamente – amfetamine, oppiacei, cocaina, metadone, metamfetamine, THC cannabinoidi:
Test antidroga tramite urina per 11 droghe contemporaneamente – anfetamina – arbiturici, buprenorfina, benzodiazepine, cocaina, ecstasy, metanfetamine, oppiacei/morfina, metadone, antidepressivi triciclici, annabinoidi (marijuana/hashish/cannabis):

Tutte le bugie ed i falsi miti su alcol ed alcolismo

L’alcol etilico, anche chiamato “etanolo”, è una sostanza liquida estranea all’organismo, non essenziale, è tossica per le cellule ed è un potente agente tumorale. L’alcol etilico, oltre all’acqua, è il principale componente delle bevande alcoliche; queste ultime contengono altri principi nutritivi (vitamine, sali minerali, proteine, zuccheri) ma sono presenti solo in minime tracce, per questa ragione le bevande alcoliche non possono essere considerate un alimento infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) classifica l’alcol fra le droghe. Su internet girano molti luoghi comuni e falsi miti legati agli alcolici: facciamo un po’ di chiarezza. L’alcol dà forza In realtà, essendo un sedativo, fa avvertire meno il senso di fatica e abbassa la soglia del dolore, per cui la persona è portata a sopravvalutare le proprie forze esponendosi a gravi rischi. Inoltre le calorie dell’alcol sono poco efficienti per il lavoro muscolare, per cui le prestazioni calano. L’alcol dà sicurezza Non dà ne sicurezza ne coraggio, può solo farvi artificialmente dimenticare la timidezza per un breve periodo di tempo, ma aggravando il problema. Sembra infatti che le persone timide siano più esposte al rischio di sviluppare una dipendenza alcolica. L’alcol rende più disinvolti e facilita i rapporti con gli altri Inizialmente, l’azione euforizzante e disinibente dell’alcol eccita e sembra favorire le relazioni interpersonali anche nelle persone più timide. Ma, a lungo andare, l’alcol può peggiorare i sintomi dell’ansia e della depressione, compromettendo le relazioni sociali. Inoltre l’alcol altera il comportamento, ci rende più suscettibili ed irritabili, riduce le capacità di giudizio e di critica, quindi meno disposti ad accettare osservazioni e a confrontarci con gli altri, favorendo situazioni di scontro e di conflitto sia con i colleghi che con i superiori. L’alcol toglie la sete L’alcol non toglie la sete. È infatti un diuretico, e come tale fa perder acqua al nostro organismo aumentando la sete. Leggi anche: Dipendenza da alcol: come fare per smettere di bere alcolici e superalcolici L’alcol è una droga? Alcol: effetti sulla salute diretti ed indiretti a breve e lungo termine L’alcol riscalda È opinione diffusa che l’alcol riscaldi. L’alcol dà sì sensazione di calore, ma è solo una sensazione di calore temporanea. Esso infatti è un vasodilatatore periferico, e in quanto tale, fa aumentare la quantità di sangue che circola sotto la pelle del corpo producendo una sensazione di calore. A causa di questa vasodilatazione il calore interno del corpo viene disperso in esterno e la temperatura interna scende. Quando l’effetto della vasodilatazione viene meno, se si è bevuto molto e se la temperatura ambiente è rigida, si avvertono intensi e improvvisi brividi di freddo. L’alcol fa digerire L’effetto depressivo dell’alcol si esercita anche sui meccanismi che regolano lo svuotamento dello stomaco, rallentando la digestione. Ciò può indurre maggiore sonnolenza dopo i pasti diminuendo i livelli di attenzione e vigilanza. Inoltre l’alcol esercita una azione lesiva diretta sulle pareti dello stomaco e dell’intestino, provocando infiammazioni acute o croniche (ad es. gastriti). L’alcol aiuta a riprendersi dopo un malore Se il malore è legato ad un calo di pressione, l’alcol può peggiorare la situazione in quanto l’effetto di vasodilatazione determina un diminuito afflusso di sangue agli organi interni, soprattutto al cervello. Rimedi contro l’ubriacatura Un caffè non è sufficiente a far tornare sobria una persona ubriaca, neanche l’esercizio fisico, una doccia fredda o due passi all’aria fresca. L’unico rimedio è attendere, almeno 2 o 3 ore, che il corpo metabolizzi e smaltisca l’alcol in eccesso. Alcol e globuli rossi (anemia) Non è vero che l’alcol combatte l’anemia, perché non aumenta il numero di globuli rossi. Anzi, l’alcol può provocare l’anemia, per carenza di vitamina B12 e acidi folici dovuta alla scarsa alimentazione. La falsa credenza probabilmente nasce dal fatto che la vasodilatazione periferica provoca un arrossamento del viso, cosicché la persona anemica, normalmente pallida e emaciata, sembra riprendere colore e quindi stare meglio. In realtà il numero di globuli rossi non è cambiato. L’alcol aumenta i riflessi Essendo un depressore del Sistema Nervoso, rallenta la velocità di elaborazione delle informazioni sensoriali e la trasmissione nervosa, per cui il soggetto reagisce più lentamente agli stimoli: i riflessi sono quindi rallentati.

Hashing It Out: A Survey of Programmers' Cannabis Usage, Perception, and Motivation

Cannabis is one of the most common mind-altering substances. It is used both medicinally and recreationally and is enmeshed in a complex and changing legal landscape. Anecdotal evidence suggests that some software developers may use cannabis to aid some programming tasks. At the same time, anti-drug policies and tests remain common in many software engineering environments, sometimes leading to hiring shortages for certain jobs. Despite these connections, little is actually known about the prevalence of, and motivation for, cannabis use while programming. In this paper, we report the results of the first large-scale survey of cannabis use by programmers. We report findings about 803 developers' (including 450 full-time programmers') cannabis usage prevalence, perceptions, and motivations. For example, we find that some programmers do regularly use cannabis while programming: 35% of our sample has tried programming while using cannabis, and 18% currently do so at least once a month. Furthermore, this cannabis usage is primarily motivated by a perceived enhancement to certain software development skills (such as brainstorming or getting into a programming zone) rather than medicinal reasons (such as pain relief). Finally, we find that cannabis use while programming occurs at similar rates for programming employees, managers, and students despite differences in cannabis perceptions and visibility. Our results have implications for programming job drug policies and motivate future research into cannabis use while programming.

Drugs should be legalised, regulated, and taxed

Some numbers in this week’s journal bear reflection. The war on drugs costs each UK taxpayer an estimated £400 a year. The UK is now the world’s largest exporter of legal cannabis, yet recreational and medicinal use are criminalised. Scotland has the EU’s highest rate of drug related deaths, double that of 10 years ago. The global trade in illicit drugs is worth £236bn, but this money fuels organised crime and human misery. Why should it not instead fund public services? A growing number of countries are taking a more enlightened route, say Jason Reed and Paul Whitehouse (doi:10.1136/bmj.k1999). In Portugal, where non-violent possession of drugs has been decriminalised, consumption hasn’t increased but drug related deaths have fallen considerably. In the Netherlands, the USA, and now Canada, regulated markets for the sale of cannabis generate substantial tax revenues. Meanwhile, in the UK vast sums are spent on prosecuting individuals and trying vainly to interrupt the flow of drugs into cities, carried along “county lines” by vulnerable children. Reed and Whitehouse speak for the Law Enforcement Action Partnership, which calls for legalisation and regulation. They say that the money could instead be spent on quality control, education, treatment for drug users, and child protection. Revenues could be diverted from criminal gangs into government coffers. When law enforcement officers call for drugs to be legalised, we have to listen. So too when doctors speak up. Last month the Royal College of Physicians took the important step of coming out in favour of decriminalisation, (doi:10.1136/bmj.k1832) joining the BMA, the Faculty of Public Health, and the Royal Society of Public Health in supporting drug policy reform (doi:10.1136/bmj.j3461.) This is not about whether you think drugs are good or bad. It is an evidence based position entirely in line with the public health approach to violent crime. In their Editorial, John Middleton and Jonathan Shepherd say that the UK’s epidemic of gun and knife crime is in part due to the increased availability of fentanyl and crack cocaine (doi:10.1136/bmj.k1967). The UK government’s newly released Serious Violence Strategy acknowledges the link between drug prohibition and violence, but it proposes spending £40m on prohibition related policies. Reed and Whitehouse say it will do nothing to tackle drug related crime. The BMJ is firmly behind efforts to legalise, regulate, and tax the sale of drugs for recreational and medicinal use. This is an issue on which doctors can and should make their voices heard.

Cannabis: dipendenze ed effetti secondo la ricerca scientifica

Alcuni consumatori di cannabis sviluppano dipendenza o disturbo da uso di cannabis. Sebbene il rischio di sviluppare disturbo da uso di cannabis sia inferiore a quello di sviluppare dipendenza da altre sostanze (come nicotina, eroina e cocaina), questa sindrome colpisce comunque più del 4-8% degli adulti, e la dipendenza da cannabis può interessare fino al 9% dei consumatori. Nel complesso, gli uomini presentano percentuali più elevate di dipendenza da cannabis rispetto alle donne. Tuttavia, dopo aver iniziato a usare la cannabis, le donne sembrano diventare più rapidamente dipendenti da cannabis rispetto agli uomini e, di conseguenza, essere esposte ad effetti clinici indesiderati. Il disturbo da uso di cannabis è caratterizzato dal consumo di livelli crescenti per periodi di tempo più lunghi del previsto, da tentativi (inutili) di ridurre il consumo, da desiderio frequentediconsumare cannabise uso continuato nonostante conseguenze fisiche, mentali o sociali significative. Inoltre, in questi casisi sviluppa il fenomeno della tolleranza, in cui il soggetto consuma quantità sempre maggiori di cannabis per ottenere gli effetti psicoattivi desiderati. Circa il 50% dei consumatori cronici di cannabis manifesta anche sintomi di astinenza alla riduzione o alla cessazione del consumo, sintomi che includono ansia, depressione, disturbi del sonno, problemi gastrointestinali e calo dell’appetito. I consumatori di alte dosi di cannabis e quelli cronici rischiano di sviluppare una sindrome molto più grave e fastidiosa, chiamata sindrome da iperemesi da cannabis. Questa seria problematica clinica è associata a forti dolori addominali, nausea e vomito eccessivo, spesso per diverse ore alla volta. L’unico trattamento è la completa cessazione del consumo di cannabis. La maggior parte dei pazienti guarisce, ma può accadere giorni o mesi dopo l’interruzione del consumo di cannabis. Insomma, come avrete capito la cannabis non fa bene e – come per il fumo –, è meglio non cominciare ad assumerla, e se si è iniziato ad assumerla è meglio smettere. Fortunatamente ci sono diverse opzioni di trattamento disponibili per le persone che vogliono ridurre o smettere di usare la cannabis. Opzioni di trattamento psicosociale, tra cui la terapia cognitivo-comportamentale e la terapia di potenziamento motivazionale, che aiutano il paziente a riacquistare l’autocontrollo e a riqualificare i sistemi di ricompensa e motivazione del cervello per godersi la vita quotidiana, i piaceri naturali e avere interesse a pianificare meglio il futuro. I sintomi legati al sonno e all’ansia possono anche essere trattati farmacologicamente con ausili per il sonno o farmaci ansiolitici. Adolescenza e gravidanza Altri gruppi per i quali la cannabis è particolarmente pericolosa sono gli adolescentie le donne in gravidanza. L’adolescenza è un periodo di rapido sviluppo del cervello, durante il quale le regioni corticali frontali, che controllano la motivazione, il pensiero e altre funzioni cognitive vitali, sono in via di sviluppo e crescita. L’uso di cannabis durante questo delicato periodo di sviluppo può modificare in modo permanente la struttura e le dimensioni del cervello, cambiare la qualità e quantità delle connessioni cerebrali, e ridurre il flusso sanguigno verso molte regioni del cervello. Questi cambiamenti possono portare a una riduzione delle abilità cognitive, riduzione della memoria e dell’attenzione, e riduzione delle capacità decisionali in età adulta. Inoltre, l’uso di cannabis nella prima adolescenza raddoppia il rischio di sviluppare una dipendenza in età adulta, sia per la cannabis che per altre droghe d’abuso. La cannabis può essere un pericolo ancora maggiore durante la gravidanza. Poiché molte persone credono che la cannabis sia naturale e di origine vegetale, credono che la cannabis sia sicura da assumere durante la gravidanza per alleviare la nausea, l’ansia e migliorare il sonno. Questa ipotesi è completamente falsa: durante la gravidanza la cannabis danneggia gravemente il feto. Il feto, infatti, subisce una rapida crescita e lo sviluppo del cervello durante tutte le fasi della gravidanza e il sistema endocannabinoide regola il modo in cui il cervello del feto si sviluppa. I cannabinoidi come il THC sono noti per attraversare la barriera placentare, in modo tale che la cannabis consumata dalla madre influenza anche il feto e la funzione endocannabinoide fetale. L’esposizione alla cannabis durante lo sviluppo fetale pertanto causa a lungo termine conseguenze negative importanti, con un impatto sullo sviluppo neurocomportamentale del bambino fino all’adolescenza. Alterate funzioni motorie, disturbi del sonno, disturbi della memoria, e aggressività sono alcuni tra i sintomi più importanti. La cannabis può anche passare attraverso il latte materno, e le madri che allattano devono quindi prestare attenzione anche a questo problema. L’uso di cannabis fino al punto di intossicazione interferisce anche con le capacità genitoriali per attendere ai bisogni del bambino, e questo comportamento del genitore può aggravare ulteriormente gli effetti dell’esposizione ai cannabinoidi subiti dal bambino durante lo sviluppo fetale. Ingredienti nascosti nei prodotti a base di cannabis La cannabis è la terza sostanza illecita più comune al mondo tra i pazienti che si recano pronto soccorso, viene dopo l’eroina e la cocaina. Infatti, oltre il 30% dei casi di visite al pronto soccorso negli Stati Uniti e in alcune nazioni europee riguarda l’uso di cannabis. Perché? Una ragione è che la mancanza di regolamenti rigorosi di entrambi i prodotti con THC e CBD significa che i consumatori non sono pienamente informati circa il contenuto o l’utilizzo del prodotto che acquistano. Prodotti che dichiarano di contenere CBD sono venduti in alcuni Paesi sugli scaffali di negozi come integratori alimentari, prodotti alimentari, bevande e cosmetici. Le analisi di questi prodotti spesso rivelano che non contengono i dosaggi di CBD dichiarati o che i prodotti contengono altri cannabinoidi sintetici non descritti sulla loro etichetta. Un recente studio in doppio cieco ha mostrato che solo 3 tra 20 prodotti a base di CBD commercializzati contenevano ciò che affermavano le loro etichette. Diversi prodotti contenevano solventi e gas organici potenzialmente tossici, con potenziali effetti dannosi sull’ organismo. Oltre a dosaggi inaccurati e alla presenza di riempitivi tossici, molti prodotti a base di cannabis non regolamentati contengono pericolosi cannabinoidi sintetici. I cannabinoidi sintetici sono fino a mille volte più potenti del THC o del CBD e sono correlati a effetti collaterali pericolosi (a volte mortali), come convulsioni, edema cerebrale, tachicardia e arresto cardiaco, nausea e vomito, danno renale e ideazioni suicidarie. Un caso in particolare fece molto scalpore negli Stati Uniti, quello di un bambino di 8 anni che ha subito 14 attacchi convulsivi in un solo giorno a causa di un prodotto contenente CBD acquistato dai suoi genitori su Internet. Quel prodotto conteneva un potente cannabinoide sintetico. Lo stesso cannabinoide sintetico è stato responsabile di oltre 100 ricoveri per overdose in un giorno solo a New Haven, nel Connecticut, e dozzine di ricoveri e decessi in Nuova Zelanda nel 2018. Vale anche la pena notare che il contenuto dei prodotti correlati alla cannabis è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. Mentre negli anni ’90 la cannabis conteneva meno del 10% di THC, nel 2015 il contenuto di THC della cannabis ha raggiunto il 30%. Allo stesso tempo il contenuto di THC sta aumentando, così come stanno aumentando i contaminanti come microbi e funghi, mentre il contenuto di CBD è diminuito. In conclusione, in mancanza di una regolamentazione più chiara e severa in tutto il mondo, i consumatori di cannabis non sono protetti adeguatamente e non sono informati riguardo la sicurezza ed il contenuto dei prodotti che acquistano, correndo così gravi rischi di effetti collaterali, fisici e mentali, pericolosi e indesiderati.

Testing associations between cannabis use and subcortical volumes in two large population-based samples

Background and aims: Disentangling the putative impact of cannabis on brain morphology from other comorbid substance use is critical. After controlling for the effects of nicotine, alcohol and multi-substance use, this study aimed to determine whether frequent cannabis use is associated with significantly smaller subcortical grey matter volumes. Design: Exploratory analyses using mixed linear models, one per region of interest (ROI), were performed whereby individual differences in volume (outcome) at seven subcortical ROIs were regressed onto cannabis and comorbid substance use (predictors). Setting: Two large population-based twin samples from the United States and Australia. Participants: A total of 622 young Australian adults [66% female; μage = 25.9, standard deviation SD) = 3.6] and 474 middle-aged US males (μage = 56.1SD = 2.6 ) of predominately Anglo-Saxon ancestry with complete substance use and imaging data. Subjects with a history of stroke or traumatic brain injury were excluded. Measurements: Magnetic resonance imaging (MRI) and volumetric segmentation methods were used to estimate volume in seven subcortical ROIs: thalamus, caudate nucleus, putamen, pallidum, hippocampus, amygdala and nucleus accumbens. Substance use measurements included maximum nicotine and alcohol use, total life-time multi-substance use, maximum cannabis use in the young adults and regular cannabis use in the middle-aged males. Findings: After correcting for multiple testing (P = 0.007), cannabis use was unrelated to any subcortical ROI. However, maximum nicotine use was associated with significantly smaller thalamus volumes in middle-aged males. Conclusions: In exploratory analyses based on young adult and middle-aged samples, normal variation in cannabis use is unrelated statistically to individual differences in brain morphology as measured by subcortical volume.

Cannabis: la scienza non può decidere al posto della politica

Come ci aspettavamo, alla pubblicazione degli articoli del Prof. Bonci sulle dipendenze, e in particolare di quello sugli effetti e sui pericoli della cannabis, sono seguite numerose polemiche. Alcune poco garbate, altre invece educate e costruttive (come quella con l’On. Tajani, che ringrazio), ma che comunque aprono un capitolo estremamente interessante da approfondire: il rapporto tra scienza e decisioni politiche. Politica e scienza Spesso la politica chiede alla scienza di fare scelte in sua vece, ma questo non è possibile. Uno scienziato, con un apparecchio perfettamente tarato, può dirvi se un maglione è verde o è rosso. Ma non può in alcun modo intervenire sulla vostra decisione di vestire di verde o di rosso, che è, diciamo così, squisitamente politica. La nostra vita quotidiana è piena di scelte dove la scienza non può aiutarci: pensate al nostro rapporto con gli animali. Perché è perfettamente lecito uccidere un topo mentre è vietato dalla legge uccidere un cane e un gatto? Anche il topo, come il cane e il gatto, ha una similarità impressionante con l’uomo, sia in termini di genoma che di fisiologia. Quasi ogni gene umano ha la sua controparte murina. Perché questa diversità di trattamento? E cosa dire della nostra alimentazione? Andando a Parma molti di noi non si fanno mancare la degustazione della “Vecchia”, un piatto a base di carne di cavallo tritata. Ma forse non tutti sanno che negli Usa uccidere i cavalli per mangiarseli è vietato, così come da noi mangiare i cani? Avrete dunque capito che la scienza è una cosa e la politica è un’altra. Mentre la prima non è democratica, la seconda è squisitamente democratica e il motivo per cui negli Usa non si possono macellare i cavalli è molto semplice: la sensibilità dei cittadini di quella nazione su questo tema è molto diversa dalla nostra, e questo si riflette nelle decisioni politiche. Vaccini Con i vaccini è stato semplice: la scienza dice in maniera oggettiva che sono sicuri, efficaci, utili per la comunità e che chi non vaccina i propri figli mette in pericolo i suoi e tutti gli altri. Con le dipendenze è più difficile: quando si parla di fumo tutti d’accordo, fa male e bisogna smettere. Quando abbiamo toccato lo “svapo” e la cannabis le cose sono state più complicate. La nostra pagina non si occupa di scelte politiche: tenta solo di offrirvi, con voci estremamente qualificate, gli elementi oggettivi forniti dalla scienza, perché ognuno di voi possa prendere le proprie decisioni sulla base di elementi corretti e non di bufale propagate dai tanti che disinformano per secondi fini. Quanto fa male una sigaretta non si decide per alzata di mano, ma con un esperimento; se la sigaretta debba essere legale, vietata, tassata o razionata invece si deve decidere proprio per alzata di mano. Perché gli esperimenti, dopo avervi detto che fumare fa male, altro non possono dirvi se non di ricordare quello che gli esperimenti stessi hanno dimostrato nel momento in cui decidete.

Cannabis: leggende metropolitane e politica non c’interessano

Abbiamo pubblicato un articolo del massimo esperto al mondo in fatto di dipendenze, il prof. Antonello Bonci. Le critiche dei politici e di chi s’informa su Google stanno a zero di fronte alla scienza. Ogni volta che pubblichiamo un articolo sulle dipendenze immancabili arrivano le critiche. La cosa non ci sorprende, in quanto da un lato ci sono i soliti “Wikipardi da Vinci”, che pensano di potere dibattere con un esperto mondiale dopo una veloce compulsazione di Google, dall’altro quello delle dipendenze è un tema dove gli aspetti scientifici s’intrecciano con aspetti politici. Noi scienziati amiamo i numeri, e parlando di numeri, la prima guerra mondiale in circa quattro anni ha fatto circa 10 milioni di morti tra i militari delle nazioni in guerra. In un solo anno, dati World Health Organization (WHO), il fumo uccide otto milioni di persone. Se volete pensare alle vittime civili, sappiate che 1,2 milioni di quegli otto sono vittime del fumo passivo. Se pensate che i soldati rischiassero la pelle, sappiate che metà dei fumatori vengono uccisi dal fumo che inalano. Avete capito bene: un fumatore su due muore perché fuma. Ma il fumo è consentito dalla legge. Direi che i conti non tornano. Le altre sostanze Se passiamo alle sostanze psicotrope, sempre parlando di numeri, possiamo dire che nel 2017 negli Usa si sono registrate 13.942 morti per overdose da cocaina. Nello stesso tempo per il fumo si calcola che siano morte circa 400 mila persone. Anche qui i conti non tornano, visto che nonostante questi dati la cocaina è proibita dalla legge praticamente ovunque, invece le sigarette non solo potete acquistarle in tutta comodità a ogni angolo di strada (negli Usa anche nei supermercati), ma addirittura lo Stato guadagna un sacco di soldi dalla loro vendita, in Italia circa 14 miliardi di euro ogni anno. È perfettamente comprensibile che tutto questo appaia senza alcun senso razionale; ma a noi interessa SOLO la parte scientifica: siccome si sentono e si leggono scemenze senza fine, abbiamo preso uno dei più grandi esperti al mondo su questi temi e gli abbiamo chiesto di scrivere su Medical Facts. Non lo abbiamo fatto per dare al fumatore di cannabis l’opportunità di dirci che lui dopo una canna dorme meglio; e neanche per dare voce a qualche sconosciuto ricercatore che sostiene che la cocaina fa ricrescere i capelli. Lo abbiamo fatto per fornire ai nostri lettori una voce autorevolissima, che possa spiegare quali sono i danni (se ci sono) di ogni sostanza, in modo che possa formarsi una legittima opinione politica su dati oggettivi e affidabili. Il massimo esperto in fatto di dipendenze Pubblicazioni Bonci Le pubblicazioni del Prof. Bonci Per fornirveli il più affidabili e oggettivi possibili abbiamo arruolato tra i nostri autori, e nel nostro comitato scientifico, il migliore del mondo. Guardate qui sotto la foto, sono solo una minima parte dei lavori del prof. Antonello Bonci, usciti su riviste che sono le migliori al mondo. Non accettiamo discussioni scientifiche (così come io non discuto di vaccini con i genitori informati, il prof. Bonci non discute di dipendenze con chi ama farsi uno spinello nel tempo libero), e quelle politiche non appartengono a questo sito e a questa pagina, visto che ci occupiamo solo e solamente di scienza, e 2+2 fa 4 a destra, a sinistra e pure al centro. Piuttosto, alla Politica facciamo le pulci. E prossimamente vedremo se quei 14 miliardi che lo Stato incassa dalla vendita delle sigarette sono un buon affare, o se si spende in realtà di più per curare le malattie che quelle sigarette finiscono per causare.

Tutte le cose che dovete sapere sulla Cannabis

La cannabis (canapa) non è una droga, è una pianta. Esistono diverse varietà di questa pianta. Alcune di queste contengono principi attivi che possono alterare lo stato mentale, altre meno. La cannabis è conosciuta da molti soprattutto come droga, per le proprietà psicoattive ed anche per i numerosi dibattiti che riguardano la legalizzazione del suo uso, tuttavia la canapa in sé è anche stata utlizzata o proposta per l’impiego in diversi campi che nulla hanno a che fare con il mondo delle droghe … … da “FA PIÙ MALE UNA SIGARETTA, UNA CANNA O UN BICCHIERE DI VINO? a “QUANTO VALE OGGI IL MERCATO DELLA CANNABIS? CHI CI GUADAGNA?” … tutte le cose che dovete sapere sulla Cannabis (che non sono sempre le cose che pensate di sapere) Come parlare in classe di una questione che riguarda lo stile di vita di oltre 2 milioni di giovani? Abbiamo chiesto il supporto ad un grande esperto. Che risponde a tutte le domande più frequenti OS’È LA CANNABIS? È UNA DROGA? QUAL È LA DEFINIZIONE PIÙ CORRETTA DI DROGA? La cannabis (canapa) non è una droga, è una pianta. Esistono diverse varietà di questa pianta. Al- cune di queste contengono principi attivi che posso- no alterare lo stato mentale, altre meno. La cannabis è conosciuta da molti soprattutto come droga, per le proprietà psicoattive ed anche per i numerosi dibatti- ti che riguardano la legalizzazione del suo uso, tutta- via la canapa in sé è anche stata utilizzata o proposta per l’impiego in diversi campi che nulla hanno a che fare con il mondo delle droghe (es. farmacologico, ali- mentare, tessile, bio-edilizia, combustibili ecc.). L’uti- lizzo di alcune varietà di cannabis come droga è stato all’origine dei divieti che la riguardano e che, probabilmente, hanno inciso direttamente anche sul suo uti- lizzo in campi diversi da quello dell’alterazione dello stato mentale, limitandoli. CANNABIS, HASHISH E MARIJUANA SONO LA STESSA COSA? Cannabis (Canapa) è il nome della pianta, an- che se molte persone tendono ad usare la parola come sinonimo di marijuana o hashish. Il THC (delta-9-te- traidrocannabinolo), uno dei principali principi attivi che provocano effetti a livello cerebrale è più concen- trato nella resina che riveste le infiorescenze femmi- nili. L’hashish, che è prodotto, in modi diversi dalla resina, ha normalmente maggiore potenza psicoatti- va della marijuana. La marijuana si ottiene, invece, dalle infiorescenze essiccate delle piante femminili di Canapa. Poiché esistono diverse varietà di Cannabis, adatte a produrre marijuana ed hashish, ed il princi- pio attivo presente dipende, tra l’altro, sia dalla varietà che dal modo di coltivarla non è, quindi, sempre vero che all’hashish in commercio corrisponda un principio attivo alto e che la marijuana abbia sempre un effetto più “leggero”. È la quantità di principio attivo, quin- di, che definisce la “potenza” del prodotto. Negli an- ni, comunque, il principio attivo dei prodotti in commercio è mediamente aumentato. Insomma i derivati della cannabis che si comprano oggi sono mediamen- te più “potenti” di quelli di ieri. IN CHE SENSO LA CANNABIS È DANNOSA? La cannabis, essendo una pianta, non è dan- nosa di per sé. L’uso che se ne fa può, invece, esserlo. L’uso che può fare danni è proprio quello ri- tenuto più piacevole. Purtroppo hashish e marijuana vedono molte persone giovani tra i consumatori e que- sto è un problema, perché proprio per loro potrebbe- ro essere più dannosi. I principi attivi che producono alterazione dello stato mentale, per esempio il THC, vanno ad agire su recettori specifici che si trovano nel cervello. Si trovano in zone del cervello che hanno a che fare con funzioni complesse come la formazione di un giudizio, la percezione di piaceri, la capacità di apprendere o di memorizzare ed il movimento. Il risul- tato complessivo, per molti, è piacevole e spiega l’u- so di queste sostanze come droghe. Tuttavia la sensa- zione piacevole che deriva dal consumo è collegata ad uno sbilanciamento del funzionamento generale del cervello. Specialmente con un uso frequente è abba- stanza ovvio come una ridotta capacità di apprendere e memorizzare, ovvero di costruire esperienza, possa essere dannosa ma ciò che è ancor più pericoloso è lo sbilanciamento del funzionamento di sistemi che, nel- le persone giovani, si stanno ancora formando e che, quindi, potrebbero essere alterati proprio nella loro co- struzione e nel loro equilibrio. Purtroppo è molto difficile sapere a posteriori co- me i derivati della cannabis abbiano giocato nella co- struzione di problemi mentali e di relazione con se stessi e con gli altri, anche perché i medesimi proble- mi si possono trovare in persone che non hanno mai usato sostanze psicoattive. Tuttavia, se si analizzano studi fatti su molte persone nel tempo, si vede che il gruppo di quelle che hanno usato hashish o marijua- na con una certa consistenza ha mediamente avuto più disturbi mentali (gravi come le psicosi) di quello che non ne ha mai fatto uso. La diffe- renza è consistente e, come se non bastasse, ci sono anche segnali che riguardano un’insorgenza più preco- ce di disturbi mentali gravi. Questo non dirà molto a chi non si occupa tecnicamente della cura di distur- bi psichiatrici, ma, per essere chia- ri, quanto prima insorge un disturbo mentale grave quanto più sarà diffi- cile da trattare e quanto più condi- zionerà pesantemente la vita di chi ne soffre. Naturalmente il dibattito su questi argomenti è ampio. C’è chi pensa che alcuni problemi possano insorgere ma solo in persone “predi- sposte” e, quindi, non in tutti. Questo è possibile ma c’è un guaio: nessuno di noi può sapere in anticipo se ha o no questa predisposizio- ne (ammesso che esista). QUALI SONO I SINTOMI CHE INDICANO UN DANNO PER USO DI CANNABIS? Ci sono soggetti che dal consumo dei derivati della cannabis ricavano subito sensazioni spiacevoli, ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno ecc.: for- se hanno una sensibilità maggiore in quelle zone del cervello che regolano l’ansia o la paura oppure il son- no, ma anche questi fatti ci fanno capire come hashish e marijuana non sono per nulla da prendere alla leg- gera, come chi ne propone l’uso vorrebbe far credere. Tra l’altro se l’uso da parte di persone giovani può es- sere un problema, perché va a sbilanciare un cervello in formazione, anche l’uso in chi più giovane non è, do- vrebbe essere meditato con cura. L’esposizione cronica a THC può accelerare la perdita di neuroni dell’ippo- campo che avviene normalmente con l’invecchiamen- to. Insomma, s’invecchia prima del tempo. Attenzione, poi, anche alle situazioni più acute. Assumere troppo principio attivo può portare a psicosi tossiche acute, con deliri ed allucinazioni. Si tratta di esperienze cer- to non piacevoli, reversibili ma pericolose che spesso avvengono anche in situazioni che, normalmente, non sono considerate pericolose, come l’ingestione di pro- dotti, ad esempio i dolci, preparati con marijuana. In- vece il fumo aggiunge, ai possibili problemi connessi all’uso di hashish e marijuana anche quelli che cono- sciamo per l’uso del tabacco: tosse, catarro, più facile insorgenza di malattie respiratorie e, purtroppo, can- cro dei polmoni e del tratto respiratorio. Certamente parliamo di probabilità di danni, non di sicurezza. La maggior parte delle persone che consumano i derivati della cannabis e, in generale, che fumano, preferisce ignorarli ed anche quando un problema accade, lo at- tribuiscono alla cattiva sorte o ad altri motivi. Hashish e marijuana vanno ad agire su recet- tori che già esistono nel cervello per- ché mimano la funzione di cannabi- noidi endogeni che noi produciamo in proprio. Li sovraccaricano e, que- sto, generalmente piace, nonostante tutto, nonostante gli effetti avversi, i rischi per la salute e la possibilità, per alcuni, di contrarre una vera e pro- pria dipendenza. Inoltre, non ci so- no solo effetti gravi ed eclatanti ma ci sono tante persone che, consuman- do sostanze psicoattive, tra cui ha- shish e marijuana, hanno disturbi lievi ma fastidiosi che li condiziona- no e che li rendono meno abili e di- sponibili nelle attività che compiono ogni giorno per disturbi dell’umore, dell’ansia, della capacità di concentrazione ecc. QUANTE PERSONE OGGI CONSUMANO CANNABIS? In base ad alcuni studi, circa un quarto della popolazione europea ha dichiarato di aver usato can- nabis (marijuana o hashish) almeno una volta nella vi- ta. Fortunatamente le persone che ne fanno un uso fre- quente sono molte meno. Senz’altro nella popolazione più giovane l’uso è molto diffuso. Ecco cosa riporta la Relazione al Parlamento 2015 a proposito di cannabis secondo lo Studio Ipsad: «Nella popolazione generale tra i 15 e i 64 anni, il 32% ha provato cannabis almeno una volta nella vita, poco più di 12 milioni e mezzo di persone. La prevalenza è pari quasi al 40% se si consi- dera la fascia d’età 15-34anni, coinvolgendo oltre 5 mi- lioni di sperimentatori tra i giovani. La cannabis è ge- neralmente più diffusa tra la popolazione più giovane (15-34enni): tra questi, circa 2 milioni e mezzo hanno consumato nell’ultimo anno (consumo recente: 19%), quasi 1 milione e 200mila nell’ultimo mese (8,9%) e quasi 250mila sono frequent users (1,9%) LA CANNABIS È IL PRIMO PASSO VERSO LE DORGHE PESANTI? Poiché la diffusione dei consumi di altre droghe è, certamente, più contenuta, è ovvio che marijuana e hashish non siano il primo passo verso l’uso di altre sostanze psicoattive, più di quanto non lo siano l’alcol, il tabacco o alcuni farmaci. L’idea che i derivati della canapa siano il primo pas- so verso il consumo di altre sostanze nasce in tempi passati, quando le droghe effettivamente a disposizio- ne non erano molte e, nella storia di quasi tutti gli eroi- nomani, l’uso di eroina era spesso preceduto dall’uso dei derivati della canapa. Senz’altro molte persone fu- mano tabacco, oltre che cannabis, ed una certa parte dei consumatori di marijuana ed ha- shish ha interesse per la sperimenta- zione di altre droghe o ad un uso ec- cessivo di alcolici. Tra loro, chi ha una particolare propensione ai di- sturbi da uso di sostanze ed alla di- pendenza patologica sarà in una si- tuazione di particolare rischio. Purtroppo ciascuno di noi difficil- mente conosce la sua potenziale vul- nerabilità e, quindi, l’utilizzo di so- s t a n z e d i v e r s e ( a n c h e i n combinazione tra loro), essendo pe- ricoloso in sé, rischierà di farlo pas- sare oltre il consumo occasionale. In passato usare marijuana o ha- shish poteva indicare una propen- sione alla trasgressione e a commettere atti illeciti (il consumo di droghe lo è!) e, quindi, era una sorta di passaggio di una barriera psicologica verso l’illecito, e, dunque anche verso altre droghe. Considerata la diffu- sione attuale di marijuana ed hashish, tuttavia, il con- sumatore di oggi, più che un trasgressivo è un confor- mista e, spesso, lo dimostra quando esprime, convinto, il concetto che “tutti lo fanno”. FA PIÙ MALE UNA SIGARETTA, UNA CANNA O UN BICCHIERE DI VINO? Questa è la tipica domanda che pone chi cer- ca una giustificazione al consumo di uno di questi pro- dotti. La risposta è scontata e banale: salvo casi ecce- zionali, una sigaretta, una canna o un bicchiere di vino non hanno mai fatto male a nessuno. Dopo di che si in- nestano improbabili graduatorie che cercano di capire quale sia il consumo dannoso e quello, invece, tollera- bile (es. Se una canna non fa male ... tre alla settimana sono dannose?) oppure che mettono il tutto in compa- razione, scoprendo che l’uso occasionale può portare a classifiche di pericolosità diverse da quello continua- tivo. Si apre così il dibattito di cosa significhi consu- mo continuativo e, ciascuno, può così dire tutto ed il contrario di tutto. Talvolta ho la sensazione che mol- ti ragionino quasi come se fossimo obbligati a consu- mare qualcosa e, quindi, questo ingaggiasse giornali- sti e scienziati in una sorta di gara per spiegarci cosa fa meno male, tra le scelte disponibili. DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO QUAL È LA DIFFERENZA FRA DROGHE LEGGERE E DROGHE PESANTI? Non c’è alcuna scienza dietro la definizione di una dro- ga come “leggera” o “pesante” ma solo concetti legati alla politica o alla promozione commerciale del pro- dotto. Definire una sostanza “leggera”, rispetto ad al- tre “pesanti” serve a renderla più accettabile a chi non la consuma (ancora?), oppure a chi la considera una droga “come le altre” e, quindi, la giudica negativamente. Se marijuana o hashish fossero sol- tanto farmaci e fossero venduti in farmacia, avrebbero, nella confezio- ne, un foglio illustrativo con un lun- go elenco di avvertenze e di effetti collaterali e indesiderati, anche gra- vi. La definizione “droghe leggere” ci salva da tutto ciò, ma favorisce indi- rettamente un consumo, purtroppo, non critico. COSA SI INTENDE PER USO TERAPEUTICO DELLA CANNABIS? Come altri vegetali, la canapa contiene principi attivi che potrebbero essere utili nella cura di alcune malattie anche gravi. Ci sono, ad esempio, studi che dimostra- no come questi principi potrebbero essere di aiuto nella cura di alcuni tumori, altri che ne dimostrano l’effica- cia nel trattamento del dolore e di altri sintomi oppure in patologie di diverso tipo. Non è chiaro, tuttavia, per alcune di queste patologie, se non esistano già farma- ci maggiormente efficaci, a parità di effetti collaterali. Diversi studi sono in corso, in proposito. Da quando, poi, in alcuni stati Usa, la cannabis è sta- ta legalizzata a scopo terapeutico, ogni giorno arrivano notizie sui suoi benefici effetti per sempre più patolo- gie. Leggendo queste notizie tutte assieme, sembre- rebbe che la cannabis faccia bene a qualunque cosa. Questo, purtroppo, è un’illusione. Piacerebbe a tutti trovare un prodotto che fa bene a qualunque cosa ma questa è magia, non medicina. Non credete alla “ma- gia” della cannabis: è un’illusione commerciale come gli “sciogli pancia” di televisiva memoria, le creme che aumentano le dimensioni degli organi genitali e gli oc- chiali che fanno vedere attraverso i vestiti. Ciò non toglie che tutto quanto di buono può essere ricavato dalla pianta, per curare e per formulare nuovi farmaci, deve essere studiato e messo a disposizione ma in modo corretto per trovare soluzioni a problemi di sa- lute, non per creare illusioni. QUANTO VALE OGGI IL MERCATO DELLA CANNABIS? CHI CI GUADAGNA? I media riportano che se tutti i 50 Stati ameri- cani ne legalizzassero il consumo medico e ricreativo, la marijuana creerebbe un mercato potenziale con un valore pari a 35 miliardi di dollari entro il 2020. Lo di- ce GreenWave Advisors, società di ricerca che tiene traccia delle vendite della cannabis negli Stati dove la sostanza è stata legalizzata. Ovvia- mente estendendo la cosa a livello mondiale le cifre, già grandi, diven- terebbero enormi e gli investitori po- trebbero trarne profitti simili a quelli già ricavati dal tabacco. In questo ca- so i ricavi sarebbero divisi tra grandi compagnie di distribuzione interna- zionale (alcune del tabacco, ovvia- mente, stanno valutando seriamen- te la cosa) e le case farmaceutiche produttrici di farmaci derivati dal- la cannabis. Una parte del guada- gno andrebbe anche alla produzio- ne ed alla lavorazione della pianta ed ai commercianti al dettaglio. Non è escludibile anche la ripresa di utiliz- zo della canapa per altri scopi di tipo industriale. Ades- so molti guadagni concernenti la vendita clandestina di marijuana e hashish vanno alla criminalità organiz- zata, a differenti ed eterogenei gruppi che la commer- ciano al dettaglio ed anche a singoli che, in proprio, la distribuiscono ad altri negli ambiti di lavoro, scolasti- ci o di aggregazione che, normalmente, frequentano. Tuttavia anche i ricavi connessi all’uso farmaceu- tico o industriale della pianta paiono in incremento o promettono di esserlo. Purtroppo gli enormi interessi illeciti e leciti che sono connessi ai potenziali utilizzi della cannabis potrebbero contribuire ad azioni per condizionare l’opinione pubblica in modo di aumen- tarne la domanda in maniera acritica. CHI CONSUMA CANNABIS COMPIE UN REATO? È un illecito che non è punito penalmente, per il consumo personale, ma amministrativamente (con provvedimenti che possono riguardare la paten- te, il passaporto, il permesso di soggiorno) . Il consu- mo, comunque, non corrisponde alla tossicodipenden- za anche se la tossicodipenza da marijuana e hashish esiste, sebbene in un numero ridotto di persone rispetto al totale dei con- sumatori. COSA SONO I SERT E LE COMUNITÀ TERAPEUTICHE? Il Servizio Sanitario Pubbli- co mette a disposizione una rete di luoghi che possono aiutare le perso- ne ad affrontare problemi connessi all’uso di droghe, alcol, di gioco pa- tologico e, più in generale di dipen- denza patologica. L’accesso ai Sert (Servizi tossicodipendenze) o Serd (Servizi dipendenze), come si chia- mano in alcuni luoghi, è gratuito e diretto. Non richiede l’impegnativa del medico curante. Attualmente sono i luoghi che rac- chiudono la maggior esperienza in materia. Anche nel campo privato (a pagamento) esistono ottime orga- nizzazioni e singoli professionisti che si occupano dei medesimi problemi ma, purtroppo, anche persone ed organizzazioni che improvvisano un’esperienza che non hanno o che lascia molti dubbi rispetto alle me- todologie utilizzate. Le comunità terapeutiche rappresentano, assieme ai centri diurni, uno dei modi per affrontare situazio- ni complesse che hanno a che fare con la necessità di costruire periodi di residenzialità in un luogo differen- te dall’abituale, per avere lo spazio ed il tempo di agire in un luogo “protetto”. Non sono tutte uguali, hanno, anzi, impostazioni molto differenziate tra loro. Alcu- ne, ad esempio, privilegiano gli interventi terapeutici in senso stretto, anche su problemi psichici derivanti o connessi all’uso di droghe, altre privilegiano percor- si sociali ed educativi. Non tutte le persone sono adatte a compiere per- corsi comunitari e, quando invece lo sono, è sempre meglio scegliere, con l’aiuto di persone esperte, quelle più adatte alla situazione specifica. In questo può esse- re fondamentale la valutazione del Sert che, in diver- se regioni, è anche obbligatoria per intraprendere un percorso residenziale a carico del Servizio Sanitario.

Population-level risks of alcohol consumption by amount, geography, age, sex, and year: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2020

Background The health risks associated with moderate alcohol consumption continue to be debated. Small amounts of alcohol might lower the risk of some health outcomes but increase the risk of others, suggesting that the overall risk depends, in part, on background disease rates, which vary by region, age, sex, and year. Methods For this analysis, we constructed burden-weighted dose–response relative risk curves across 22 health outcomes to estimate the theoretical minimum risk exposure level (TMREL) and non-drinker equivalence (NDE), the consumption level at which the health risk is equivalent to that of a non-drinker, using disease rates from the Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) 2020 for 21 regions, including 204 countries and territories, by 5-year age group, sex, and year for individuals aged 15–95 years and older from 1990 to 2020. Based on the NDE, we quantified the population consuming harmful amounts of alcohol. Findings The burden-weighted relative risk curves for alcohol use varied by region and age. Among individuals aged 15–39 years in 2020, the TMREL varied between 0 (95% uncertainty interval 0–0) and 0·603 (0·400–1·00) standard drinks per day, and the NDE varied between 0·002 (0–0) and 1·75 (0·698–4·30) standard drinks per day. Among individuals aged 40 years and older, the burden-weighted relative risk curve was J-shaped for all regions, with a 2020 TMREL that ranged from 0·114 (0–0·403) to 1·87 (0·500–3·30) standard drinks per day and an NDE that ranged between 0·193 (0–0·900) and 6·94 (3·40–8·30) standard drinks per day. Among individuals consuming harmful amounts of alcohol in 2020, 59·1% (54·3–65·4) were aged 15–39 years and 76·9% (73·0–81·3) were male. Interpretation There is strong evidence to support recommendations on alcohol consumption varying by age and location. Stronger interventions, particularly those tailored towards younger individuals, are needed to reduce the substantial global health loss attributable to alcohol.

Cannabis no more of a risk than tobacco and alcohol – study

Cannabis no more of a risk than tobacco and alcohol – study “In terms of mental health problems, cannabis appears to be at least as safe as the legal drugs alcohol and tobacco.” A new paper has found that cannabis is no more of a risk for psychosis, cognitive impairment or traffic accidents than the legal drugs, tobacco and alcohol. Researchers investigating the link between cannabis and psychosis, have found that the association is no stronger – and “often considerably weaker” – than the link between psychosis and moderate tobacco use. The same was found to be the case for the link between cannabis and cognitive impairment. The review, published in the journal Drug Science, Policy and Law, by Petter Grahl Johnstad, also confirms that the risk of traffic accidents from alcohol use is “substantially stronger” than that from cannabis use. But in addition, the risk of traffic accidents from tobacco was also found to be “almost as strong” as cannabis. The paper provides an in-depth review of previous studies and discusses different interpretations of comparative harm assessments, presenting two points of critique to argue that the general risks associated with cannabis are “probably exaggerated”. Cannabis and psychosis While historical studies have linked cannabis to a higher prevalence of psychosis and schizophrenia, Johnstad points out that an increased risk of schizophrenia associated with cigarette smoking and alcohol consumption have also been identified. Tobacco and cannabis use are also “strongly correlated” even when consumed separately, so differentiating between the two can present a challenge. Evidence shows that cannabis use is more common among people who smoke cigarettes, but daily cannabis users also predominantly tend to be cigarette smokers. According to Johnstad, epidemiological studies of “drug-related psychosis risk” that provided odds ratios for both cannabis and tobacco found that the risk from tobacco use “is at least as high as the risk from cannabis use.” Cannabis and cognitive impairment Similar findings could be seen in his analysis of cognitive impairment risk. One study showed that the effect from cigarettes was “consistently stronger” than that of cannabis. Daily cigarette smoking was associated with a negative effect on grades that was “more than twice the magnitude of the effect from an indicator of cannabis abuse”. Johnstad concludes: “It seems far from clear that there is an impairment effect from cannabis use beyond the effects from tobacco use, and if there is an independent effect from cannabis, it appears to be smaller in magnitude than the effect from tobacco.” Cannabis and driving The existing data on the risk of cannabis on driving is conflicting, with some studies pointing to a “significant increase” in traffic accidents associated with cannabis use but others finding no significant link. All except one study reviewed by Johnstad, found that the risk of alcohol on driving and road safety was “substantially higher” than that of cannabis. Measuring the effect of cannabis on traffic accidents is complicated by the fact that THC detected in blood levels is not a reliable or accurate indicator of impairment or recent cannabis use. “The long-term impairment from cannabis use appears to be smaller in magnitude than a similar impairment from tobacco use, and the effect from cannabis was often strongly attenuated when controlled for tobacco use,” he writes. READ MORE: What does UK law say about medical cannabis and driving? Other factors to consider In his critique, Johnstad argues that harms associated with “high escapist activities” such as drug abuse are affected by the “general dysfunction” – or the underlying reason why a person may seek out frequent escapism. Researchers may conflate this with harms from the drug itself. The criminalisation of a drug also has an impact, according to the paper. It argues that the association between substance use disorder and underlying life issues is stronger for criminalised substances, as “people who live troubled lives are less likely to be deterred by the prospect of legal problems”. Johnstad goes on to advise researchers studying the health consequences of illegal drugs to “assess the corresponding health consequences of alcohol and tobacco use” to allow people to “contextualise the relative health risks”of different legal and illegal drugs. What does it all mean? “These literature reviews indicate that the health risks associated with the use of cannabis are generally modest,” writes Johnstad. “While cannabis users appear to be susceptible to psychosis-related disorder, cognitive impairment, and traffic accidents, the risks involved seem to be lower than the corresponding risks from alcohol and tobacco use. “In terms of mental health problems, addictiveness, acute lethal toxicity, violent behaviour, traffic-related injury, and overall harm, cannabis appears to be at least as safe as the legal drugs alcohol and tobacco.” He summarises: “It appears that the risk for psychosis, cognitive impairment, and traffic accidents associated with cannabis use is generally comparable to that from tobacco use.”

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