Documenti e letture

sulla Cannabis e anti-proibizionismo in Italia

Una raccolta di documenti e letture sulla Cannabis

Prison and Drugs in Europe

5 I Foreword It is my great pleasure to introduce this new European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (EMCDDA) publication, Prison and Drugs in Europe, which presents a comprehensive overview of the field. It explores in depth issues ranging across drug use and drug-related problems among the prison population, the available social and health service responses to drug-related problems in prison, including the most recent evidence of effectiveness, and the drug supply and markets inside prison. It also discusses recent and future challenges in the prison and drugs field. Prison and the drugs phenomenon are intertwined in complex ways. We know that people who are in prison, or have been imprisoned, are more likely to use or have used drugs and to experience drug-related problems. We also know that once in prison their drug-using behaviour is likely to change. In order to adequately and efficiently respond to their health and social needs it is vital to have a good understanding of the patterns and prevalence of drug use among the prison population, and their consequences, and to know which responses and interventions work best in prison settings and which are actually available in European countries. This is particularly important when we consider that it is in prison that many people who use drugs access social and health services for the first time. Addressing drug supply and distribution is also a major challenge for prison services, particularly so with the recent spread of new psychoactive substances in prison and the creative use of new technologies to transport illicit substances into these settings. The EMCDDA has been monitoring the drug situation for the last 25 years, and the field of drugs and prison is a central component of the work we carry out. We anticipate that this report will provide an important and much-needed basis for supporting the development and implementation of national policy and practical interventions, in addition to stimulating research activities at the European level. The importance of the prison setting for tackling drug problems is underlined in the new EU drugs strategy 2021-2025 and its action plan, which includes a strategic priority aimed at addressing the health and social needs of people who use drugs in prison settings and after release. The principles of equivalence and continuity of healthcare provision in prison are central in these documents. The key role of drug-related services for people in prison with drug problems is also in line with United Nations (UN) Sustainable Developmental Goal (SDG) 10 to reduce inequality and with UN SDG 3 to ensure healthy lives and promote well-being for all at all ages. To be useful for policy and practice, information needs to be technically robust and timely. It is to this end that the EMCDDA has developed a methodological framework to monitor drugs and prison, including monitoring tools such as the European questionnaire on drug use among people in prison. These efforts aim to harmonise data collection in Europe, to support the exchange of best practice and lessons learnt, to strengthen drug monitoring and to support European countries in their responses to current and future challenges. Importantly, this publication has only been possible with contributions from a range of partners and experts, to whom we are indebted, including members of the Reitox network of national focal points and the EMCDDA Scientific Committee, international prison experts, prison professionals and people with lived experience as well as scientific colleagues at the EMCDDA In a nutshell, we hope that, by highlighting the contemporary opportunities and challenges associated with responding to the complex world that constitutes drugs and prison at this time, this study will represent an important step towards providing better care for the many people that experience both drug problems and imprisonment and the communities they return to and, ultimately, will contribute to a healthier and safer Europe for all. In this spirit I invite you to read this publication.

Il canapaio - tecniche agronomiche

Le informazioni a uso agricolturale contenute in questo manuale, sono destinate esclusivamente all'Olanda e alle poche zone del mondo dove la coltivazione della canapa è tuttora permessa. Ciò nonostante è diritto di tutti accedere alla conoscenza di tecniche agricolturali, che possano essere applicate alla crescita intensiva dei vegetali, soprattutto per la produzione di cibo. Sì spera che i governi di tutto il mondo si rendano conto che la proibizione della canapa è uno dei più grossi errori mai commessi contro una pianta che potrebbe essere la più grande risorsa per soddisfare la maggior parte dei nostri bisogni e che potrebbe ancora salvare il mondo dall'inquinamento ambientale. 'IL CANAPAJO' è un libro scritto (molto probabilmente su carta di canapa) in Italia nel1741 ("Il Canapajo" di G.Baruffaldi, Bologna, 1741; Stamperia Lilio Della Volpe), e illustra la tecnica di coltivazione della canapa per ricavarne fibra. In questo manuale si cercherà di illustrare il ciclo di vita, la coltivazione e gli usi possibili di una pianta che tanto ingiustamente è stata demonizzata e che tanto avrebbe da dare per la salute di tutto il mondo. Da millenni, e fino a pochi anni orsono, la canapa è stata una delle voci più importanti della nostra economia agricola. La possibilità di coltivare canapa promuove l'autosufficienza e l'indipendenza economica. La sua proibizione è stata voluta per controllare l'imposizione di uno stile di vita (consumismo industriale) e per non aver rivali nel controllo dell'economia. La canapa può essere utilizzata in tutte le sue parti: dalla corteccia che fornisce una fibra dagli usi innumerevoli, al fusto legnoso che può essere usato per la produzione di fibra, di carta, di energia o può essere trasformato in ogni tipo di materiale come la plastica, alla radice usata in erboristeria e in medicina, ai semi preziosa fonte alimentare e produttori di un olio che può essere usato in cosmetica, come solvente, come medicinale e come olio combustibile. Le foglie e i fiori sono utilizzabili sia generare biomassa per la produzione di energia insieme alle altre parti della pianta, sia, soprattutto le infiorescenze delle piante femmine, per scopi medicinali con un campo di applicazioni vastissimo, a scopo religioso e sacramentale (India, Africa, Islam, Giamaica), e ricreativo, edonistico. La proibizione della canapa presentata come legge" contro quest'ultima utilizzazione, in realtà è rivolta soprattutto contro il potenziale economico di una pianta annuale, e perciò rinnovabile continuamente, produttrice di fibra, energia, cellulosa, medicinali, cibo, e che ha, se consumata, la "colpa" di provocare benessere, di sorridere alla vita con benevolenza, affrontandone meglio le difficoltà.

Canabis protectio: il modello portoghese

Il modello portoghese prova che nella gestione delle sostanze stupefacenti, la criminalizzazione non è l’unica soluzione possibile. Il Portogallo è stato il primo Paese al mondo ad aver spostato il focus dell’intervento pubblico dalla “guerra alla droga” alla tutela della salute, decriminalizzando l’uso e il consumo di tutte le sostanze stupefacenti. Negli ultimi anni, altri Paesi hanno percorso strade simili, come il Canada e l’ Uruguay, che hanno completamente legalizzato la cannabis. I pilastri della politica di depenalizzazione portoghese Il modello portoghese si basa su tre pilastri fondamentali. Il primo è il rifiuto della distinzione tra droghe leggere e pesanti, e l’introduzione al suo posto della distinzione tra relazione positiva e negativa con le sostanze stupefacenti. Il secondo è l’idea che esistano sempre problematiche preesistenti alla base di un relazione negativa con le droghe, derivanti dalla natura dei rapporti tra gli individui e tra la società e l’individuo. Il terzo è il principio per cui l’eradicazione di tutte le droghe non può essere un obiettivo realizzabile. Pur non prevedendo la legalizzazione delle sostanze stupefacenti, questo tipo di approccio si concentra sulla tutela della persona e non sulla punizione dei consumatori. Dal 2001, il modello portoghese ha dimostrato la sua efficienza nel garantire il diritto alla salute della cittadinanza e nel migliorarne le condizioni di vita. Per questo, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani l’ha indicato come esempio virtuoso, con cui sostituire le politiche di criminalizzazione.

Il mito della droga

Thomas S. Szasz IL MITO DELLA DROGA La persecuzione rituale delle ,droghe, dei drogati e degli spaqciatori "Lo scopo che mi proponga con questo libro B semplice e neHo stesso tempo ambizioso. Prin)a di tutto, v ~ g l i o individuare quali circostanze costituiscano effettivamente il itostro cosiddetto pro- blema della droga. Mostrerò come di fatto esse consistano nella -. sfrenata propaganda promozionale e heiia isterica proibizione; di varie sostanze; nell'usare abitualmente certe droghe e nello sfuggirle con terrore; e, piu i n generale, nella regolamentazione

mediante il linguaggio, la legge, il costume, la religione e ogni
altro concepibile mezzo di controllo sociale e simbolico - di
certi tipi di comportamento rituali e suntuari.
In secondo luogo, voglio identificare il campo concettuale e la
classe logica a cui appartengono questi fenomeni. Mostrerò che
essi appartengono al campo della religione e della politica; che,
le 'droghe pericolose,' i drogati 9 gli spacciatori di droga sono
i capri. espiatori delle nostre scqieth moderne, laiche, impre-
gnate dell'ideologia terapeuticai e 6he la persecuzione rituale di
questi agenti farmacobgici ed umani deve essere vista sullo I
sfondo ktorico della persecuzione rituale di altri capri espia-'
tori, cofne le streghe, gli ebrei e i pazzi.
E in terzo luogo, voglio identificare le implicazioni morali e giu-
ridiche dell'opinione secondo cui usare o non usare droghe non
è una qu stione di salute e di malattia, ma di bene e di male;
che, in a t r i termini, abusare di una droga non & una deplore-
vole malattia medica ma una pratica religiosa ripudiata. Di con-
seguenza, le nostre scelte relative al 'problema' delle droghe
equivalgono alle nostre scelte relative al 'problema' delle reli-
gioni: insomma, possiamo dimostrare gradi diversi di toiieranzd
e di intolleranza nei confronti di coloro la cui religione - teo-
, cratica D terapeutica che sia - è differente dalla nostra."

Quali patologie traggono beneficio dalla Cannabis Medica?

Utilizzi clinici della CM: le raccomandazioni del Ministero della Salute

Il Ministero riferisce che “l’uso medico della Cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico”.
Se si parla di Cannabis a pagamento, la Cannabis medicinale (CM) è prescrivibile per qualsiasi patologia per la quale esista un minimo di letteratura scientifica accreditata.

Quando la Cannabis terapeutica è rimborsabile?

Se si parla di Cannabis a carico del Sistema Sanitario Regionale (SSR), la risposta è “per le sole indicazioni terapeutiche che la Regione ha accreditato come riconosciute”. Attualmente gli utilizzi (diverso da indicazioni terapeutiche) riconosciuti dal DM 9/11/2015 per la prescrizione gratuita a carico del SSR sono:
Sclerosi Multipla, dolore oncologico e cronico, cachessia (in anoressia, HIV, chemioterapia), vomito e inappetenza da chemioterapici, glaucoma, Sindrome di Tourette.
L’uso medico della Cannabis nelle condizioni sopracitate è raccomandato esclusivamente qualora “I trattamenti standard non abbiano prodotto gli effetti desiderati, o abbiano provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali.”
Attualmente, ogni regione italiana ha legiferato in maniera indipendente sulla rimborsabilità della Cannabis. Per informazioni su quale siano le disposizioni vigenti nella tua regione, consulta la guida generale Cannabis Medica e rimborsabilità regione per regione oppure consulta la sezione Modalità d’assunzione e Leggi di Cannabiscienza dove è analizzata la situazione legale della Cannabis regione per regione.

Carta dei diritti delle persone che usano sostanze

Carta dei diritti delle persone che usano sostanze 3 1 – La ricerca di stati modificati di coscienza è una pratica transculturale che caratterizza le società umane di ogni luogo e tempo attraverso una molteplicità di strumenti e tecniche (deprivazione sensoriale, meditazione, musica, danza, trance, assunzione di sostanze psicoattive, ecc...) che esprimono nella loro ricchezza la profonda interazione tra individuo, società e ambiente circostante. L'assunzione volontaria di sostanze psicoattive per modificare e modulare i propri stati di coscienza appartiene alla sfera delle libertà individuali e come tale esige rispetto, pertanto non è perseguibile, sanzionabile, criminalizzabile né può essere motivo di discriminazione e stigmatizzazione sociale e culturale. 2 – La dignità delle persone e i diritti umani fondamentali sono ineliminabili e inviolabili, indipendentemente dai comportamenti e dalle condizioni di vita dei singoli individui. Nessuna norma o trattamento in contrasto con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani può essere applicato nei confronti di una persona a causa dell'uso di sostanze. 3 – Sancito il fallimento della war on drugs, la riduzione del danno si propone come chiave d'interpretazione degli usi di sostanze psicotrope e quale approccio ottimale a quelli problematici tanto nella gestione quanto nella prevenzione degli stessi. 4 – In generale le persone sono in grado di autoregolare i propri stili di assunzione quando hanno la possibilità di accedere a una informazione libera da pregiudizi, stereotipi e discriminazioni. La società deve contribuire alla realizzazione di condizioni ambientali che favoriscano l'autonomia e l'autogestione delle persone, invece di contrastarle come avviene nel contesto punitivo e proibizionista. 5 – La cessione senza scopo di lucro, così come l'acquisto condiviso e l'uso in comune di sostanze tra maggiorenni, non possono in ogni caso configurare ipotesi di reato penale o illecito amministrativo. 6 – I servizi pubblici rivolti alle persone che ritengono di fare un uso problematico delle sostanze devono garantire la libertà terapeutica e la bassa soglia di accesso, la trasparenza delle informazioni sulle prestazioni disponibili, il coinvolgimento attivo e il protagonismo delle stesse persone nelle scelte e negli obiettivi delle azioni, che non potranno avere, in alcun caso, carattere coercitivo, prevedendo l'astensione dall'uso di sostanze solo come uno degli obiettivi possibili. Si rivendica il rispetto dei due diritti sanciti dalla “Carta Europea dei diritti del malato” ai punti due e cinque, in altre parole il diritto di accesso ai servizi senza discriminazioni di risorse finanziarie, luogo di residenza, possesso di documenti, tipo di malattia e libertà di scelta della cura, ovvero, ogni trattamento sanitario inclusa l’astensione dallo stesso. Nel rivendicare il diritto e la libertà di scelta della cura, rifiutiamo con fermezza il prevalente paradigma biomedico e le conseguenti risposte medicalizzanti spesso conniventi con le lobby del farmaco, in quanto tendenti a riprodurre meccanismi di etichettamento diagnostico, di cronicizzazione istituzionale e a rinforzare i processi di stigmatizzazione sociale. Carta dei diritti delle persone che usano sostanze 4 7 – L'uso di sostanze non deve costituire un limite al diritto alla salute. La distribuzione gratuita di strumenti per l'uso sicuro (programmi distribuzione/scambio siringhe, distribuzione di naloxone) e il sesso sicuro (preservativi maschili e femminili) sono una misura di salute pubblica che va garantita su tutto il territorio nazionale ed estesa anche all'interno delle carceri. Va facilitato e implementato un sistema di accesso ai trattamenti sostitutivi conforme al principio di sussidiarietà, anche attraverso l'azione dei medici di base e nel completo rispetto della privacy. Le “stanze per l’uso sicuro” e la distribuzione controllata di eroina, date le sperimentazioni avviate da diverso tempo negli altri paesi europei e delle quali sono stati verificati gli esiti positivi, vanno considerate azioni da implementare anche nel nostro Paese senza l’inutile ostacolo di precetti morali. 8 – Il diritto all'abitare è un diritto fondamentale che non può essere negato a nessuna persona per nessuna ragione e l'assunzione o meno di sostanze non può costituire motivo di discriminazione. 9 – Il diritto a un lavoro regolarmente retribuito deve essere garantito anche quando le persone, che in seguito all'uso di sostanze sperimentano delle problematiche, scelgono volontariamente di intraprendere un percorso di cura che preveda lo svolgimento di una mansione lavorativa o di apprendistato. 10 – Le ASL e i servizi di tutela della salute pubblica devono organizzare servizi di analisi delle sostanze accessibili; va inoltre implementata la diffusione di pratiche e strumenti per il controllo della qualità economicamente alla portata di tutti come i kit cromatografici. Le persone che usano sostanze hanno in ogni caso il diritto di autorganizzarsi riguardo alla limitazione dei rischi, basandosi sulle proprie esperienze e competenze, seguendo una logica e un approccio di peer support e il diritto di intraprendere azioni finalizzate a reperire le sostanze secondo etiche e criteri condivisi. 11 – I controlli atti a rilevare uno stato alterato, in particolari situazioni in cui potrebbe svilupparsi pericolo per sé o per gli altri, devono essere finalizzati a valutare con metodologie convalidate l'effettiva capacità di svolgere un'azione socialmente rilevante e non a individuare una condotta pregressa o criminalizzare stili di vita. Le modalità di accertamento sull'uso di sostanze alla guida o nei luoghi di lavoro devono pertanto essere adeguate e attendibili: la presenza di metaboliti inattivi nel sangue o nei tessuti riscontrata mediante analisi non può in ogni caso essere motivo di sanzione o limitazione di diritti e libertà, di messa in discussione del posto di lavoro o di discriminazione riguardo all’assunzione. 12 – Non dovrebbe essere vietata la coltivazione di nessuna pianta, cactus o fungo contenente principi attivi dotati di azione psicotropa (effetti psichedelici, stimolanti, sedativi o altri). La coltivazione finalizzata all’uso personale, così come la raccolta di quanto cresce spontaneamente in natura, evita il ricorso al mercato illegale clandestino, che non offre alcuna garanzia dal punto di vista della qualità. Carta dei diritti delle persone che usano sostanze 5 13 – La distribuzione della Cannabis e dei suoi derivati e la coltivazione della stessa devono essere regolamentate partendo dal presupposto che la persona che utilizza sostanze deve essere libera di scegliere il metodo di approvvigionamento che ritiene più idoneo. Va riconosciuto come inalienabile il diritto di ognuna/o a coltivare la cannabis per il proprio uso tanto per fini ricreativi quanto terapeutici. Va prevista la possibilità di creare associazioni (Cannabis Social Club) e un sistema di deleghe in favore di persona/e di fiducia, qualora l’interessato sia impossibilitato alla coltivazione per vari motivi, o preferisca comunque svolgerla altrove, al fine di garantire in ogni caso il diritto di ottenerla secondo la propria preferenza e applicando la tecnica colturale più idonea. Inoltre per tutte le associazioni o aziende che la producono per conto terzi, vanno previsti standard qualitativi nel rispetto dei dettati dell’agricoltura biologica, da verificare con analisi periodiche certificate. 14 – La Cannabis e i suoi derivati sono già riconosciuti un valido costituente per numerose terapie, tanto in merito ai principi attivi quanto alle varie forme vegetali per l'uso terapeutico (infiorescenze, tinture, estratti oleosi ecc.). Per i pazienti, non solo va garantito l’accesso al farmaco nel pieno rispetto della libertà di cura e a un’eventuale produzione statale o regionale, ma anche la scelta del metodo di approvvigionamento, prevedendo la possibilità dell'auto-coltivazione, dell'appartenenza a un’associazione o della delega a persona di fiducia (vedi punto 12). Vanno inoltre condotte campagne d’informazione per il personale medico. 15 – Gli stili di assunzione e gli effetti di tutte le sostanze sono espressione della complessa interazione tra individuo, ambiente, cultura sociale di appartenenza e sostanza. Per una comprensione più ampia e per affrontare le problematicità connesse agli usi, è indispensabile una pluralità di strumenti e forme d’intervento che rispettino la totalità dell’individuo e la sua volontà. La psichiatrizzazione dell'uso, che considera l'assunzione di sostanze come una patologia, è riduzionistica e fuorviante; spesso si limita a sostituire le sostanze illegali con altre legali, e può essere pericolosa per l'incolumità e la libertà delle persone, quando si concretizza nell'internamento coatto e nella somministrazione forzata di psicofarmaci. 16 – Nel caso esistano condizioni cliniche tali da non rendere compatibile il diritto alla salute della persona con il regime detentivo, deve essere garantita, come previsto dalla normativa vigente, la possibilità di usufruire di misure alternative. Inoltre, deve essere garantita la continuità delle cure in entrata e in uscita dal carcere e nei trasferimenti verso altri Istituti. Tale diritto va garantito anche nei confronti delle persone che si trovano in stato di fermo o di arresto. 17 – La discriminazione, all'interno di strutture sanitarie, di persone affette da svariate patologie e in particolare da malattie assimilabili a patologie correlate all'uso (HIV, epatite, TBC) costituisce una realtà che è testimoniata ogni giorno dalle persone che la subiscono attraverso le Help line delle Associazioni. Si rende pertanto necessaria e urgente la realizzazione di moduli formativi relativi agli aspetti culturali e deontologici rivolti alle differenti professioni sanitarie coinvolte. Carta dei diritti delle persone che usano sostanze 6 18 – In assenza di fatti che comprovino una palese incapacità genitoriale di persone che usano sostanze, non è possibile revocarne la potestà. 19 – Lo status di straniero presente nel territorio nazionale, in regola o meno con le norme di soggiorno non può essere motivo di discriminazione rispetto all'applicazione della legge in materia di droghe, né costituire un limite all'accesso a servizi e trattamenti come previsto dalla Circolare n. 5 del 2000. 20 – Qualunque sia il luogo in cui la persona che usa sostanze si trova, o qualunque sia il suo stato, di fermo, arresto o detenzione, e qualunque ne sia il motivo e la durata, devono essere adottate misure atte a garantire il rispetto del diritto a non essere sottoposta a tortura, né a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. Nessuna violazione di tale diritto può essere ammessa. 21 – I saperi e le esperienze delle persone che usano sostanze, o le hanno usate in passato, costituiscono risorse collettive che i Policy Makers e i Servizi devono riconoscere e valorizzare. Le persone che usano sostanze, come già avviene in molti paesi europei, vogliono e devono essere interpellate e coinvolte nella costruzione delle politiche sulle droghe.

Logiche fallaci: il caso della legalizzazione cannabis

Per esempio vi è mai capitato di sentire “Sono già legali alcol e tabacco: non c'è bisogno di legalizzare altre sostanze!”? Logica per noi fallacissima. È la cosiddetta fallacia dell'Abbondanza Relativa: si respingono a priori argomenti di discussione appellandosi al classico “Ce ne sono anche troppe!”. Un esempio più da contesto familiare, potrebbe essere quello del coniuge che rinfaccia al partner le tante scarpe possedute. No, il solo fatto che di qualcosa ce ne sia già in quantità, piccola o grande che sia, non è un motivo valido per mettere fine al dialogo. Il dialogo infatti in linea generale è costruttivo quando si mettono da parte ideologie e si guarda ai fatti e alla loro sostanza. Non è un caso che parliamo di logiche fallaci in salute pubblica e di varie forme di negazionismo: secondo noi vale quindi la pena soffermarci su un argomento che, per quanto ci risulti e più di altri, appare divisivo e dove spesso, che noi sappiamo, contrariamente a quello che accade per esempio in altri campi come la virologia, l'epidemiologia o la biologia, tutti forse in linea di massima pensano di sapere tutto: le droghe. Droghe “ludiche”, assunte per puro svago e che sono generalmente tossiche, comunque mai consigliate a livello medico e in nessuna quantità e soprattutto fortemente sconsigliate se assunte da adolescenti. Possiamo dire che, per quanto ne sappiamo, in genere e allo stato attuale, e almeno in Italia, l'unica droga ludica giuridicamente legale con importante effetto psicotropo sia l'etanolo, per gli amici alcol. Che sia una sostanza psicotropa e stupefacente lo troviamo scritto sul sito del Ministero della Salute. E dove troviamo pure che, a livello scientifico, non ne esiste soglia di consumo sicura per la salute, priva di rischi per l'organismo umano, raccomandabile o addirittura “salutare”. Ma come? Ma il vino non faceva bene alla salute? No, è una credenza popolare, una bufala. Lo spiega bene per esempio anche la FNOMCeO, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri attraverso il suo portale “Dottore, ma è vero che...?”. Vediamo pure che leggiamo sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: l'unico consumo sicuro di alcol è non assumerlo in nessuna quantità e non berlo affatto è la scelta migliore anche in prevenzione oncologica. In finale e per esempio, pure vino e salute è quindi un binomio impossibile. In buona sostanza, si assuma alcol per il solo piacere, e nemmeno per tutti, e se non vi sono condizioni che ne rendono più rischioso l’utilizzo, e certamente non nella convinzione innata o indotta che non possa nuocere alla salute o che addirittura faccia bene. Ma, per quanto ne sappiamo, meno male che è legale. Allo stato attuale delle nostre conoscenze non esistono infatti evidenze scientifiche solide e robuste e da fonti autorevoli e imparziali, e nello specifico in salute pubblica, che per esempio dimostrino a livello scientifico l'efficacia del cosiddetto “proibizionismo” sulle altre droghe ricreazionali ora in genere tutte illecite, a partire dalla cannabis (o, meglio, il THC usato solo a scopo ludico). Non esistono, ma non finisce qui perché ne esistono invece per affermare l’esatto contrario. Cominciamo da quello che leggiamo attualmente sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (2017), la più importante agenzia al mondo per la salute pubblica, fonte autorevole e imparziale. In un più ampio contesto di argomenti di discriminazione in salute pubblica, si legge “Rivedere e abrogare le leggi punitive che hanno dimostrato di avere esiti negativi sulla salute e che contrastano le prove stabilite sulla salute pubblica. Queste includono leggi che criminalizzano o comunque proibiscono (...) l'uso di droghe o il possesso di droghe per uso personale”. E non sono gli unici ad aver preso una posizione del genere. Il British Medical Journal, una delle riviste medico-scientifiche più autorevoli al mondo, afferma più o meno lo stesso e si spinge un po' più in là, con un modo più diretto e andando dritto al punto: Drugs should be legalised, regulated, and taxed(2018). Non è l'opinione di un articolista ma la posizione del British Medical Journal, la posizione ufficiale di una prestigiosa rivista scientifica che dichiara basata su fatti e che esprime il suo appoggio dietro ogni sforzo per legalizzare, regolamentare e tassare la vendita di droghe per uso ricreativo e medicinale, a prescindere che si pensi che le droghe siano buone o cattive. Proseguendo nella panoramica delle attuali prove, vorremmo dare un esempio del grado di evidenza che esiste dietro alle scelte di queste istituzioni presentando brevemente ALICE RAP. Si tratta di un progetto europeo di ricerca quinquennale (2011-2016), co-finanziato dalla Commissione Europea, che ha riunito quasi 200 scienziati da più di 25 paesi e 29 diverse discipline con lo scopo di rafforzare l'evidenza scientifica per informare il dibattito pubblico e politico e stimolare un dialogo ampio e costruttivo su attuali e alternativi approcci alle dipendenze. La sua visione è chiara: promuovere il benessere attraverso una sintesi di conoscenze per ridisegnare la politica e la pratica europea per affrontare meglio le sfide poste dall'uso di sostanze e dai comportamenti di dipendenza. E la sua missione pure: promuovere la sinergia tra le scienze che affrontano l'uso di sostanze e i comportamenti di dipendenza, attraverso un programma quinquennale di ricerca europea trans-disciplinare. I suoi risultati danno un resoconto delle principali evidenze rivelate durante il progetto di ricerca nei suoi differenti aspetti, con esaustivi report e policy paper (Family, Cannabis, Prescription opioids, NPS, Gambling and alcohol). In dettaglio, il policy paper 5 esamina il motivo per cui gli attuali approcci proibizionisti devono essere cambiati e come possono essere elaborate politiche normative sulla cannabis che proteggano la salute pubblica e il benessere in generale. Salute pubblica e benessere in generale. E sceglie una terminologia per noi corretta; non parla di mera legalizzazione né tanto meno di liberalizzazione ma usa una dizione efficace: la severa regolamentazione legale. Come in genere, per quanto ne sappiamo, quella di alcol: che non è solo legale ma è pure severamente regolamentato e chiaramente controllato. Il paper parte dalla cannabis ma, proprio nelle righe finali, estende il concetto a tutte le altre droghe ricreazionali ora illecite, in linea di massima come quello che si legge sul sito di OMS e la posizione del BMJ. Per concludere la nostra panoramica in merito, ci piace riportare un'ultima evidenza che, secondo noi, presenta interessanti peculiarità, non ultime la sua chiarezza e la sua esaustività: la troviamo su Medical Facts, il magazine di informazione scientifica e debunking delle fake news di cui è direttore scientifico Roberto Burioni. L'articolo (2019) è di Antonello Bonci, uno dei più grandi esperti mondiali di droghe e dipendenze, secondo noi molto esaustivo a livello medico-scientifico soprattutto quando parla dei pericoli e rischi della cannabis, specie in adolescenza. Ne ha tanti. Esiste, a questo proposito, anche un esaustivo report dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (2016) che mette in guardia sui suoi rischi e pericoli al momento provati a livello medico-scientifico, soprattutto se assunta tramite combustione. Non è innocua, nel complesso può far male e volendo pure parecchio soprattutto se assunta in età adolescenziale. Le parole di Bonci su Medical Facts, come a noi sembra, non lascerebbero infatti molto spazio alle interpretazioni e la conclusione alla fine arriva di conseguenza. Parlano dei rischi e dei pericoli della cannabis (ovvero il THC ludico) in sé, come sostanza, e lo fanno come il report di OMS e nella parte finale dell'articolo si soffermano in maniera severa sulla mancanza in genere di regolamentazione legale che aggiunge, per quanto ci è dato di capire, nel complesso rischi e pericoli a quei rischi e pericoli che il THC di per sé ha già di suo. E non possiamo nemmeno fare a meno di notare che questo appello alla mancanza di "regolamenti rigorosi" è molto allineato con la missione di ALICE RAP, in cui viene promossa non una semplice legalizzazione ma una regolamentazione severa e rigorosa.E c’è una bella differenza. In pratica, quindi e che a noi risulti, la conclusione sulla mancanza di regolamenti rigorosi rivelerebbe perciò anche la logica fallace per antonomasia dei cosiddetti “proibizionisti” che, per quanto di nostra conoscenza, hanno in linea generale sempre portato e continuano a portare come argomentazione primaria per la sua proibizione i suoi pericoli e i suoi rischi. In breve, siccome nel complesso fa male va tenuta proibita. E se questa conclusione fosse nei fatti un'altra famosa logica fallace dal nome emblematico, e cioè quella del Cecchino Texano? Si chiama così perché prende l'esempio di quel cecchino che prima spara sul muro e poi ci disegna il bersaglio attorno per dire che lo ha centrato. Ecco, a noi sembra un po' quella: dire che siccome nel complesso fa male va tenuta proibita secondo noi esclude anche, ma non solo, il fatto che i suoi pericoli e i rischi son dovuti nel complesso pure alla sua generale condizione di illegalità e oggi, e con le attuali evidenze, si rivelerebbe in realtà la ragione principaleper la sua regolamentazione legale severa e rigorosa, pure perché al momento, e che noi sappiamo, l'unica inconfutabile a livello scientifico. E, se abbiamo capito, per dare pertanto la libertà di scegliere un prodotto almeno chiaramente controllato e severamente regolamentato come, almeno in Italia, avviene in genere oggi per alcol. E quindi torniamo alla fallacia con cui abbiamo iniziato: siamo proprio sicuri che “Sono già legali alcol e tabacco: non c'è bisogno di legalizzare altre sostanze!”? Finite qua le logiche fallaci? Ve l'abbiamo già detto: son tante. Come non ricordarsi per esempio di quella della Privazione Relativa? “Ma con tutti i problemi che ci sono voi parlate della legalizzazione delle droghe?1!”. Una bella logica fallace: è conosciuta in genere come “l'appello ai problemi peggiori”, spesso è chiamata anche benaltrismo. Anzi, secondo noi, è proprio in momenti di straordinaria emergenza sanitaria come questo in cui, in linea generale, ogni eventuale occasione e possibilità per migliorare comunque nel complesso e in prospettiva la salute collettiva, cioè quella di tutti, dovrebbe essere almeno presa in considerazione, forse addirittura più che in altri momenti. E se qualcuno di voi, malgrado la nostra discussione delle prove che abbiamo offerto, magari ha dei dubbi su quello che ha appena letto, ha tutta la nostra comprensione: il dubbio è fondamentale in scienza, senza dubbi non si va da nessuna parte. Ma ci correrebbe altresì l'obbligo di dire che forse potrebbe a sua volta essere caduto in una delle logiche fallaci più insidiose che esistano, pure perché spesso in buona fede: quella del Ragionamento per incredulità personale. Il solo fatto che qualcuno non creda che la terra sia tonda, non la fa diventare piatta. E, sempre secondo noi, potrebbe pure essere un sintomo del Backfire effect che, che noi sappiamo, è abbastanza noto in psicologia comportamentale: più prove si adducono, maggiore sarà l'incredulità di chi ascolta, insomma, una sorta di rifiuto a prescindere. Ma questo interessante fenomeno potrà essere oggetto di un altro nostro futuro approfondimento. E per dirla infatti alla Andrea Ferrero, coordinatore nazionale del CICAP, di cui siamo gruppo tematico, occorrerebbe in genere “imparare a non fidarsi delle proprie sensazioni e ad accettare il responso dei dati, anche se controintuitivo”. Un processo complicato e doloroso, che richiede molti anni di studio e di esercizio e che spesso pure gli stessi scienziati possono avere difficoltà a seguire.

I diritti del consumatore di cannabis

CILD - COALIZIONE ITALIANA LIBERTÀ E DIRITTI CIVILI via Monti di Pietralata, 16 – 00157 ROMA - cild.eu - [email protected] 5 I diritti del fumatore di cannabis 1 L’uso personale di droghe leggere è reato? No. Sono previste solo sanzioni amministrative disposte dal Prefetto del luogo di residenza del consumatore. 2 Quali sono gli elementi distintivi tra detenzione per uso personale e detenzione a fini di spaccio? La distinzione tra consumo e traffico non è operata nettamente dalla legge. Il Giudice – e prima ancora le forze dell'ordine - per decidere se contestare la violazione di una norma penale o amministrativa si basa su diversi elementi: la quantità di sostanza detenuta e del relativo principio attivo (THC), presenza di coltelli o arnesi da taglio, bilancini di precisione, materiali da confezionamento (domopak, pellicole), quantità di denaro in contante non giustificabili sulla base dei propri redditi. Il dato quantitativo non è quindi di per sé idoneo a integrare lo spaccio. Per esservi uso personale il principio attivo non deve all’incirca superare 1 g /1,5 g di THC. Quindi per l’hashish e la marijuana la quantità di sostanza posseduta dovrà essere più o meno pari a 10-15 g con una percentuale di principio attivo intorno al 10%. Tuttavia tale dato varia di tribunale in tribunale e a seconda del reddito di chi detiene la sostanza: in poche parole si presume che una persona con reddito alto possa permettersi di spendere più soldi per l’acquisto di sostanze ad uso personale

Come definire il consumo personale nella legislazione sulla droga

La distinzione fra la detenzione di droga ad uso personale da un lato, e a fini di spaccio e di traffico dall’altro, è, per opinione comune, una delle questioni più difficili e controverse che i legislatori e i policy maker devono affrontare. In genere, sono due le soluzioni adottate: l’introduzione di una “soglia” quantitativa o il cosiddetto “modello flessibile”. Nel primo caso, si presume che quantità pre-definite di sostanza siano destinate all’uso personale; invece, nel modello flessibile (o sistema discrezionale) sono i giudici a stabilire se il possesso di droga sia da intendersi per uso personale o per spaccio, sulla base delle circostanze particolari. Questo scritto ha lo scopo di esaminare i vantaggi e gli inconvenienti delle due diverse opzioni alla luce dell’esperienza italiana e se queste soluzioni siano davvero in grado di risolvere il problema. Poiché nel contesto italiano la controversa questione della “soglia” è intrecciata al dibattito sulla criminalizzazione/decriminalizzazione (del consumo personale), sarà necessario esaminare gli sviluppi della legislazione sulla droga, soffermandosi in particolare sulla valutazione dell’attuale legge, approvata nel 2006. L’articolo 73 dell’attuale legge sulla droga (309/1990, così come modificata nel 2006) prevede sanzioni penali per vari reati Questa particolare dizione “o comunque illecitamente detiene” stabilisce il possesso come reato e al tempo stesso come la principale prova circostanziale sia dell’uso personale che di reati molto più gravi come lo spaccio e il traffico. Questa particolare dizione, introdotta nella legge 685/1975 non è stata mai sostanzialmente modificata nel corso delle varie revisioni, da quella del 1990, a quella del 1993 ad opera del referendum popolare, fino all’ultima del 2006. Vale la pena di ricordare che la dizione della legge italiana ricalca quella delle convenzioni internazionali 3 . Anche se il testo dell’articolo 73 equipara tutte queste diverse condotte, è evidente la necessità di distinguerle, non solo nell’entità delle pene ma, ancora più importante, nell’individuazione della destinazione della sostanza, se per uso personale o per spaccio. In uno scenario di decriminalizzazione /depenalizzazione dell’uso di droga, è necessario identificare la detenzione al fine dell’uso personale 4 . Ma anche quando il consumo personale è punibile, è ovviamente importante differenziare i reati a seconda della loro gravità, avendo a che fare con condotte così diverse: ciò al fine di adempiere al principio di proporzionalità fra la consistenza del reato e la pena inflitta. E’ importante anche sottolineare le peculiarità del sistema penale italiano, dove è assente il cosiddetto “principio di opportunità” nella procedibilità penale (presente nella tradizione di common law). In Italia, vige l’obbligatorietà dell’azione penale, che richiede alle autorità giudiziarie e di polizia di perseguire tutte le violazioni di legge 5 . Ne consegue che la distinzione fra detenzione ad uso personale e detenzione a fini di spaccio deve essere stabilita nel testo di legge.

Coltivazione di canapa ad uso industriale e Cannabis light

Secondo quanto stabilito dal Regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio della Unione europea e dai Reg. (CE) n. 1120/2009, Reg. n. 1121/2009 e Reg. n. 1122/2009 della Commissione europea, la coltivazione della canapa industriale è soggetta ad alcune restrizioni e gode di un regime di aiuti, in particolare, alla trasformazione della canapa destinata alla produzione di fibre. D'altra parte, le varietà di canapa a fibre per le quali è autorizzata la coltivazione devono presentare un tasso di Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC), inferiore allo 0,2% nelle parti verdi di un campione standardizzato, calcolato secondo il metodo definito dai regolamenti comunitari; gli Stati membri devono controllare almeno il 30% delle superfici di canapa coltivata a scopo industriale; le varietà di canapa che superino la soglia dello 0,2% di THC sono radiate dalle liste di quelle eleggibili alla coltivazione La legge 2 dicembre 2016, n. 242 Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa ha consentito in Italia la coltivazione della canapa (denominata scientificamente cannabis sativa L.) esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi dall'uso farmaceutico, con sementi certificate, in applicazione della normativa di settore, secondo le indicazioni del Ministero delle politiche alimentari, agricole e forestali. Le varietà di canapa che la legge 242/2016 consente di coltivare sono quelle iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002. Tali piante non rientrano nell'ambito di applicazione del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope poiché hanno un tenore di THC inferiore o uguale allo 0,2%. Infatti, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della legge 242/2016 la coltivazione di tali varietà è consentita senza necessità di autorizzazione, richiesta, invece, per la coltivazione di canapa ad alto contenuto di Δ-9-tetraidrocannabinolo (THC) e Δ-8-trans-tetraidrocannabinolo (THC). Quanto ai possibili usi del prodotto derivante dalla coltivazione, l'articolo 2, comma 2, della legge specifica che dalla canapa si possono ottenere: a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, olio carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico. L'uso della canapa come biomassa ai fini energetici è consentito esclusivamente per l'autoproduzione energetica aziendale; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate al florovivaismo. Quanto ai controlli, la legge 242/2016 li pone in capo al Corpo forestale dello Stato, autorizzato a effettuare i prelievi e le analisi di laboratorio sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo da parte degli organi di polizia giudiziaria eseguito su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attività giudiziarie. Nel caso di campionamento, le modalità di prelevamento, conservazione e analisi dei campioni provenienti da colture in pieno campo, ai fini della determinazione quantitativa del contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) delle varietà di canapa, sono quelle stabilite ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale. Qualora gli addetti ai controlli, reputino necessario effettuare i campionamenti con prelievo della coltura, sono tenuti a eseguirli in presenza del coltivatore e a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso per eventuali controverifiche. I meccanismi di controllo dettati dalla norma fanno salvi i criteri europei e nazionali di prelievo e campionamento, individuando un ambito di tolleranza, esente da responsabilità, tra il tenore di 0,2 e 0,6 di tetraidrocannabinolo (THC).Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate possono essere disposti dall'autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Anche in tal caso è esclusa la responsabilità dell'agricoltore. Con riferimento all'aspetto "agricolo" della cannabis sativa, si rinvia all'apposita sezione del sito del MIPAAFT sulla canapa e relativa disciplina, compresa la del 22 maggio 2018 recante disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, emessa in attuazione della legge 242/2016. Inoltre, si rimanda ai seguenti documenti di interesse: disciplinare di produzione della cannabis sativa in Italia firmato dalle organizzazioni agricole il 12 luglio 2018; Circolare del Ministero dell'interno del luglio 2018 sulla commercializzazione delle infiorescenze della canapa tessile a basso tenore di THC e relazione con la normativa sugli stupefacenti; Circolare del MIPAAFT del 22 maggio 2018 sulla coltivazione della canapa in attuazione della relativa legge n. 242 del 2016. Ai sensi dell'art. 5 della legga 242/2016, un decreto del Ministro della salute, da adottare entro il 14 luglio 2017, avrebbe dovuto definire i livelli massimi di residui di THC ammessi negli alimenti. Il decreto non è stato emanato, pertanto, attualmente, la normativa vigente consiste in una mera circolare, emanata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali in data 22 maggio 2009 relativa alla produzione e commercializzazione di prodotti a base di semi di canapa per l'utilizzo nei settori dell'alimentazione umana. La circolare ammette l'uso alimentare di semi di canapa e derivati, ferma restando la necessità di adottare adeguati piani di controllo per garantire la sicurezza dei prodotti e le responsabilità primarie degli operatori del settore alimentare. In ordine alle possibili modifiche di questo quadro ordinamentale, il Governo, in sede legislativa nella Commissione di merito, ha accolto l'ordine del giorno 0/1373-1797-1859-2987/XIII/1, considerando che il Ministero della salute ha da tempo avviato con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità un'attività finalizzata alla fissazione dei limiti di THC negli alimenti. In quest'ambito si ricorda che il 10 aprile 2018 il Consiglio superiore di sanità ha reso un parere sulla c.d. "cannabis light". Condotte diverse dalla coltivazione di canapa Dopo l'entrata in vigore della legge 242/2016 si è sviluppato un mercato secondario di prodotti derivanti dalla canapa, con l'apertura di molti esercizi commerciali specializzati. Giurisprudenza Della commercializzazione di prodotti contenenti THC, si è occupata a più riprese la Corte di Cassazione, con sentenze contraddittorie. In ultimo, la sentenza della Corte di Cassazione - Sezioni unite penali del 30 maggio 2019, come sinteticamente riassunto nel comunicato n. 15/2019 della stessa Corte, ha stabilito che "La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell'art. 17 della direttiva 2002/53 Ce del Consiglio,del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati; pertanto, integrano il reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990, le condotte di cessione, di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante." Il dispositivo della sentenza, pubblicato a luglio 2019, sottolinea che "la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole". Conseguentemente, la Corte ribadisce che non sono consentite la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina, poiché il commercio di tali prodotti rientra nella fattispecie di reato contenuta nel Testo unico sugli stupefacenti, salvo che gli stessi prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante. In ultimo, il dispositivo sottolinea che non è penalmente perseguibile la condotta priva di offensività, lasciando pertanto ancora al giudice di merito la decisione caso per caso, con ampio margine di discrezionalità. Direttive del Ministero dell'interno La Direttiva 9 maggio 2019 del Ministro dell'Interno contiene indrizzi su commercializzazione di canapa e normativa sugli stupefacenti. Si prevede "un'approfondita analisi del fenomeno", "una puntuale ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio", "una verifica del possesso delle certificazioni su igiene, agibilità " e si sconsiglia l'apertura di tali esercizi commerciali nelle vicinanze di "luoghi sensibili" come scuole, ospedali, parchi giochi e così via". Inoltre, si ribadisce, come fra l'altro già previsto a legislazione vigente che i servizi di "osservazione" possanno effettuare "apposite analisi sui prodotti acquistati negli esercizi in esame", "finalizzate a scongiurare" la vendita di prodotti illegali.

Know Your Rights: breve guida ai tuoi diritti davanti alle forze di polizia

Nel 2015 in Italia quasi 1 milione di persone sono state arrestate o fermate dalle forze di polizia. Un numero piuttosto impressionante di individui è stato insomma oggetto di provvedimenti temporanei restrittivi della libertà personale ad opera delle forze dell’ordine e si è quindi trovata a transitare in caserme e stazioni di polizia. Per questo, in collaborazione con la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, abbiamo voluto mettere insieme una guida essenziale che illustri in maniera chiara ed accessibile a tutti i diritti di cui si è titolari davanti alle forze di polizia e durante l’intera durata dello stato di arresto o fermo. 96 ore di vulnerabilità Quella del trattenimento da parte della polizia è infatti una situazione, che si può prolungare fino a 96 ore, durante la quale l’arrestato/fermato si trova evidentemente in una condizione di particolare vulnerabilità. In questa fase - e soprattutto nelle prime 24 ore, in attesa di essere messo a disposizione del PM e della successiva udienza di convalida con il giudice - il soggetto si trova infatti in uno stato di profonda incertezza per quello che concerne la propria situazione giuridica, gli elementi e le accuse a proprio carico, e soprattutto i propri diritti. La questione dell’informativa sui diritti Per lungo tempo in Italia la questione dell’informativa dei diritti per le persone in stato di arresto o fermo ha galleggiato in un vuoto normativo. Nel nostro paese le cose non andavano insomma come in America. Qui, già negli anni ‘60 una famosa pronuncia della Corte Suprema riconobbe la violazione dei diritti a danno di Ernesto Arturo Miranda, 25enne americano di origini messicane che era stato arrestato e condannato tre anni prima per lo stupro e il rapimento di una ragazza di 17 anni, in quanto questi non era stato informato del suo diritto di avvalersi di un avvocato e di rimanere in silenzio). Da allora, quindi, quando un poliziotto esegue una misura restrittiva della libertà personale non può esimersi dal recitare la formula di rito - comunemente denominata “Miranda rights” - con la quale si comunicano allo stesso i suoi diritti fondamentali: “Ha il diritto di rimanere in silenzio. Tutto quello che dirà potrà essere usato e sarà usato contro di lei in tribunale. Ha il diritto a un avvocato. Se non se ne può permettere uno, gliene sarà assegnato uno d’ufficio. Ha capito i diritti che le ho appena letto?” Poi, finalmente, in materia è intervenuto il diritto comunitario che - attraverso una serie di importanti direttive - ha imposto a tutti i paesi della UE omologhi obblighi di informativa sui diritti per soggetti coinvolti in procedimenti penali e/o sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà. A seguito di questa regolamentazione, anche in Italia le persone che vengono arrestate o fermate vengono ritualmente informate dei propri diritti, attraverso la cosiddetta “Letter of Rights” (che è peraltro significativamente più dettagliata della summenzionata formula del “Miranda Warning”). Quel foglio di carta, però, da solo non basta, ed in pratica le persone in stato di arresto/fermo continuano a trovarsi spesso in una situazione di precarietà, incapaci - per mancata conoscenza - di far valere i propri diritti. Motivo per cui ci pare tanto importante provare a fornire a tutti gli strumenti necessari a tutelarsi attraverso un vademecum.

I DIRITTI DEL CONSUMATORE DI CANNABIS

Sono tanti i mali del sistema penale italiano che continuano a compromettere libertà e diritti civili nel nostro paese. CILD ha scelto di iniziare la sua battaglia per una giustizia davvero uguale per tutti a partire dalle politiche sulle droghe, portando avanti una campagna per una riforma del sistema giudiziario. Tra gli obiettivi, l’adozione di una nuova legge quadro coerente in materia di droghe, che affronti anche le questioni relative al sistema carcerario, l’inefficacia nella tutela dei diritti fondamentali, il rifiuto di accesso alle cure sanitarie e la mancanza di approccio preventivo. Da tempo, attraverso la nostra campagna Non Me La Spacci Giusta, lavoriamo per un dibattito non ideologico sul tema delle droghe, fornendo dati, informazioni e approfondimenti. Oggi, con questa guida, vogliamo mettere nelle mani dei consumatori di cannabis uno strumento che consenta loro di avere un quadro chiaro ed esaustivo della normativa e di conoscere - e far valere - i propri diritti. Questa guida è stata realizzata in collaborazione con gli avvocati Gennaro Santoro e Elia De Caro I diritti del consumatore di cannabis

L’uso personale di droghe leggere è reato?
Quali sono gli elementi distintivi tra detenzione per uso
personale e detenzione a fini di spaccio?
Quali sono le sanzioni penali previste per la detenzione
di droghe leggere a fini di spaccio?
Quali sono le sanzioni penali previste per la detenzione
di lieve entità di droghe leggere?
In cosa consiste il procedimento amministrativo nei
confronti del consumatore di droghe leggere?
Oltre alla convocazione dal Prefetto, cosa avviene?
Cosa succede quando si accerta il possesso di
droghe leggere?
Che diritti ha il consumatore nel caso in cui si proceda
a perquisizione o ispezione personale?
Cosa deve fare il consumatore per evitare che gli agenti
gli contestano il reato di spaccio?
Il consumatore al termine delle operazioni di controllo
è informato se è stato denunciato dalle forze dell’ordine
per il reato di spaccio o gli è contestata la sola detenzione
amministrativa?
Fumare una canna insieme ad un amico o fare un acquisto
di cannabis per la propria comitiva è reato?
La coltivazione di marijuana è reato anche quando è
finalizzata all’uso personale?
Esistono piante di canapa di cui è consentita la coltivazione?
Dalla canapa coltivata lecitamente che tipo di prodotti
possono essere ottenuti?
È lecito l’uso terapeutico di medicinali a base di cannabinoidi?
Per quali patologie è consentita la prescrizione di
medicinali a base di cannabinoidi?
È possibile costituire un Cannabis Social Club per il consumo
e la coltivazione di gruppo?
Cosa succede nel caso venga accertata la guida sotto
effetto di droghe? E in caso di incidente stradale?
Come viene accertato lo stato di alterazione da droghe?
Cosa succede se non sono alla guida di un veicolo a
motore ma al momento dell'accertamento ho comunque
la disponibilità di un veicolo?

Drugs should be legalised, regulated, and taxed

Some numbers in this week’s journal bear reflection. The war on drugs costs each UK taxpayer an estimated £400 a year. The UK is now the world’s largest exporter of legal cannabis, yet recreational and medicinal use are criminalised. Scotland has the EU’s highest rate of drug related deaths, double that of 10 years ago. The global trade in illicit drugs is worth £236bn, but this money fuels organised crime and human misery. Why should it not instead fund public services? A growing number of countries are taking a more enlightened route, say Jason Reed and Paul Whitehouse (doi:10.1136/bmj.k1999). In Portugal, where non-violent possession of drugs has been decriminalised, consumption hasn’t increased but drug related deaths have fallen considerably. In the Netherlands, the USA, and now Canada, regulated markets for the sale of cannabis generate substantial tax revenues. Meanwhile, in the UK vast sums are spent on prosecuting individuals and trying vainly to interrupt the flow of drugs into cities, carried along “county lines” by vulnerable children. Reed and Whitehouse speak for the Law Enforcement Action Partnership, which calls for legalisation and regulation. They say that the money could instead be spent on quality control, education, treatment for drug users, and child protection. Revenues could be diverted from criminal gangs into government coffers. When law enforcement officers call for drugs to be legalised, we have to listen. So too when doctors speak up. Last month the Royal College of Physicians took the important step of coming out in favour of decriminalisation, (doi:10.1136/bmj.k1832) joining the BMA, the Faculty of Public Health, and the Royal Society of Public Health in supporting drug policy reform (doi:10.1136/bmj.j3461.) This is not about whether you think drugs are good or bad. It is an evidence based position entirely in line with the public health approach to violent crime. In their Editorial, John Middleton and Jonathan Shepherd say that the UK’s epidemic of gun and knife crime is in part due to the increased availability of fentanyl and crack cocaine (doi:10.1136/bmj.k1967). The UK government’s newly released Serious Violence Strategy acknowledges the link between drug prohibition and violence, but it proposes spending £40m on prohibition related policies. Reed and Whitehouse say it will do nothing to tackle drug related crime. The BMJ is firmly behind efforts to legalise, regulate, and tax the sale of drugs for recreational and medicinal use. This is an issue on which doctors can and should make their voices heard.

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